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Immagine del redattoreWilma Viganò

Viale Monza

Aggiornamento: 11 ott 2021

IL DIAVOLO E L’ACQUA SANTA


Tanto per stupirvi un po’, oggi propongo di accompagnarvi in una passeggiata lungo viale Monza. Più precisamente a Villa San Giovanni, quasi al confine tra Milano e Sesto San Giovanni dove si arriva comodamente con la linea 1 del metrò, quella rossa. Il nostro Sindaco ci sprona alla valorizzazione delle periferie… e noi obbediamo.


Viale Monza - Ca’ Radetzky

Bene, al numero 291 di viale Monza troverete una misteriosa villotta denominata Ca’ Radetzky. Ma cosa centra il mitico Feldmaresciallo austriaco abituato a soggiornare nelle più sfarzose residenze milanesi, da Palazzo Arconati alla Villa Reale di via Palestro, con questa abbastanza anonima residenza di periferia? La risposta è ovvia: cherchez la femme!

Radetzky sposò nel 1798 la contessina Francesca Romana von Strassoldo-Gräfenberg, di origine friulana, dalla quale ebbe otto figli. Il matrimonio, di mero interesse, gli permise un’ascesa sociale non da poco che favorì la sua carriera nell’esercito austriaco. Radetzky girò e combatté in tutta Europa ma il luogo dove amava risiedere maggiormente era Milano. Spietato, autoritario e inflessibile, era anche, come si dice a Milano, “un tipo dispari”. Già dai primi anni della carriera si fece conoscere per la sua durezza e per il ferreo rispetto delle leggi, quelle austriache naturalmente, ma anche per una certa empatia con il popolo più umile, per l'amore delle grandi mangiate nelle osterie e nelle bettole fuori le mura, per la passione per le partite a carte davanti a grandi bottiglioni degli amati vini rossi che si faceva mandare dall'Oltrepò, dal Veneto e dal Friuli.

Quando, verso i 70 anni, decise di trasferirsi definitivamente a Milano con la famiglia dopo aver servito gli Asburgo sotto 5 diversi Imperatori, andò a vivere a Palazzo Arconati, in contrada della Brisa al numero 2872 (c’era ancora la numerazione austriaca dei palazzi). Qui prestava servizio una bella lavandaia, di nome Giuditta Meregalli, nata a Sesto San Giovanni nel 1806, che divenne presto la “favorita” dell’anziano Feldmaresciallo. Lui 70 anni, lei 30, vissero un matrimonio morganatico a tutti gli effetti della durata di oltre vent’anni, dal quale nacquero ben quattro figli che assunsero il nome della madre.

Furono quelli gli anni più felici per il Radetzky: stava benissimo a Milano, dove aveva a disposizione i vini e i piatti preferiti. Il risotto innanzi tutto, ma anche la bistecca impanata. La Meregalli era anche un’ottima cuoca e riuscì a convincere il generale della superiorità della sua cotoletta sulla Wiener Schnitzel, come documentato nel dettaglio in una lettera inviata a Vienna ad una amico. Radetzky morì il 5 gennaio 1858 cadendo da una scala, mentre Giuditta Meregalli, la tanto amata moglie morganatica, gli sopravvisse sino al 1895.

Una delle loro figlie, Luigia detta Nina, sposò nel 1877 Romualdo Borletti, che divenne un ricchissimo imprenditore nel ramo della canapa e del lino. Il figlio, Senatore Borletti, nipote del Feldmaresciallo, fondò la Veglia Borletti, fu comproprietario della Mondadori, creò La Rinascente e divenne Presidente dell’Inter Football Club. Oggi Ca’ Radetzky è sede di varie Associazioni ed è utilizzata per eventi e incontri di vario genere, compresi i matrimoni. Quasi una rivalsa della Giuditta che non riuscì mai a farsi sposare!

Attraversiamo ora viale Monza e proprio di fronte al nido d’amore del Radetzky, al numero 256, troviamo Cascina Mandello, a testimonianza dell’antica vocazione rurale del borgo, che ospitava tra l’altro l’antica Osteria Mondel, punto di ristoro per viaggiatori. Val la pena di ricordare che viale Monza, cioè il “regio viale” creato espressamente nell’Ottocento per raggiungere la villa Reale di Monza, tagliò letteralmente in due tronconi i borghi di Turro, Gorla e Precotto sancendo una sorprendente divisione urbana e sociale: da una parte, dove sorgono le antiche chiese parrocchiali, stanno le famiglie rurali e i “paulott” dal bianco colore politico, mentre dall’altra parte, dove sorgono le grandi industrie come la Pirelli e la Breda, stanno le officine dell’indotto e le case degli operai, sindacalizzati e rossi per anelito politico. Praticamente Don Camillo e Peppone made in Milano.

Viale Monza - Villa Franzini, esterno - Wilma Viganò

Proseguendo sullo stesso lato della strada cioè a sinistra in direzione Milano, lasciamo Villa San Giovanni ed entriamo nell’antico borgo di Precotto dove, al numero 242, troviamo Villa Franzini, quasi un castello in stile neoclassico costruito nel 1930. Un tempo era sede delle Distillerie Franzini, produttrici di uno storico fernet, diretto concorrente del Branca col quale vennero combattute strenue battaglie a suon di carte bollate.

Ancora più avanti incontriamo la chiesa di San Michele Arcangelo in Precotto, edificio rispettabilissimo e ben curato, ma abbastanza anonimo. E chiaramente del tutto ricostruito visto che l’atto notarile della sua fondazione risale al 18 giugno 1596. Testimonianze delle antiche mura si possono tuttora intravvedere, qua e là, all’interno della chiesa, mentre all’esterno svettano nel cielo due angeli in cemento creati da Francesco Barzagni, famoso scultore ottocentesco che abitava da queste parti.

Il consiglio, a questo punto, è quello di svoltare a sinistra in via Cislaghi dove si può innanzi tutto gustare un po’ dell’antico sapore del quartiere, curiosando negli antichi cortili e in un paio di case coloniche viscontee, di cui una splendidamente ristrutturata: la Curt di Merlin. Risalente ai primi dell’800, ha il suo punto d’attrazione nel lavatoio originale posto al centro del cortile e coperto con una struttura Liberty in ferro battuto e tegole. Il tutto sotto la protezione di un immenso platano che assicura la frescura nelle torride giornate estive.

Oratorio Santa Maria Maddalena  - facciata - Wilma Viganò

Ma la sorpresa appare quando ci si apre inaspettatamente di fronte un bellissimo parco, perfettamente curato, nel quale quale spicca l’oratorio campestre di Santa Maria Maddalena. Si tratta di un delizioso, piccolo edificio risalente al 1500 e certamente ristrutturato nel 1620, come certificato da una lapide rinvenuta in loco che ne fa esplicito cenno: “Anno MDCXX S. Maria Magdalena instaurata fuit”. La facciata è stata poi ulteriormente risistemata all’inizio del ‘900, quando ancora il parco che lo circonda altro non era che l’antico cimitero della zona. Il che ha fatto tra l’altro supporre circa una sua primitiva funzione di lazzaretto fuori le mura per gli appestati e gli incurabili durante la tragica peste di Milano del 1576.

All’interno della chiesina, sopra l’altare, si intravvede un Cristo in croce di cui resta solo la traccia (e nessuno ricorda quando il dipinto sia stato trafugato), mentre un medaglione con Dio Padre, attribuito alla scuola bramantesca, domina l’abside dal soffitto. Gli altri affreschi sono invece attribuiti alla scuola del Luini e rappresentano un’insolita Maria Maddalena: prima in atteggiamento di penitenza, ma poi anche di gloria e addirittura di ascesa al cielo. Totalmente spoglia è invece la navata, se non per due nicchie con statue di santi.

Un preziosissimo e sconosciuto gioiellino delle periferie milanesi che purtroppo si schiude alle visite solo in pochissime e rare occasioni,

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