LA POETESSA E GLI SPAZZACAMINI
Oggi vi propongo una passeggiata sui Navigli. Ma non i Navigli modaioli dell’apericena e della movida. Vi invito a percorrere una strada un pochino più arretrata, al limite di quella zona dell’antica mala “Made in Milano” cantata da Gaber e Jannacci. La strada è via Magolfa dove, a non più di centro metri di distanza l’uno dall’altro, potete trovare due edifici – una casa e una ex chiesa – che raccontano due storie che non c’entrano niente l’una con l’altra, ma che evocano la milanesità degli umili e degli emarginati, proprio quella celebrata in musica dai nostri due cantautori simbolo. E per introdurvi alla nostra prima destinazione vi offro una brevissima poesia.
Sorridi donna
sorridi sempre alla vita
anche se lei non ti sorride.
Sorridi agli amori finiti
sorridi ai tuoi dolori
sorridi comunque.
Il tuo sorriso sarà
luce per il tuo cammino
faro per naviganti sperduti.
Il tuo sorriso sarà:
un bacio di mamma
un battito d’ali
un raggio di sole per tutti.
Sono versi di Alda Merini, una delle più amate poetesse milanesi che possiamo ritrovare e rivivere in via Magolfa, al numero 32. Qui, dove c’era una vecchia tabaccheria, troverete una palazzina a due piani che il Comune ha concesso ad un’associazione culturale al femminile che l’ha ribattezzata Casa delle Artiste. C’è un caffè letterario che si affaccia su un giardinetto, una libreria specializzata in poesia e arte, ed una sala per eventi, mostre e corsi d’arte. Su una parete esterna un piccolo Wall of Dolls ricorda i femminicidi dell’anno, mentre il muro che delimita il giardinetto è decorato con un grande murales dedicato ad Alda Merini.
In effetti tutta la struttura è dedicata ad Alda Merini la cui vita tempestosa ha compreso due matrimoni, quattro figlie, il trauma della guerra mondiale, ricoveri in manicomio, amori celebri e furori distruttivi, sigarette e solitudine. Vita che non sto a raccontarvi perché non finiremmo più.
La Merini abitava lì vicino, in Ripa Ticinese 47, in due stanzette inglobate dal vicino-proprietario alla sua scomparsa nel 2009. Ma le figlie e un gruppo di amici si attivarono allora per recuperare e tenere in custodia i suoi oggetti che sono stati riallestiti, dopo qualche anno, in una sala al piano superiore della Casa delle Artiste.
Qui si può vedere la vetusta macchina da scrivere che ha generato molte delle sua “perle poetiche”, macchina che veniva utilizzata senza nastro (troppo costoso!) ricorrendo allo stratagemma della carta carbone. C’è la poltroncina dell’Ikea, bassa ma con lo schienale alto, per appoggiare bene la schiena, mentre a fondo parete si scorge il pianoforte, che la Merini suonava spesso, ma che soprattutto faceva suonare ai suoi visitatori. Sul pianoforte alcune fotografie, tra cui quella di Giovanni Paolo II, che la scrittrice amava per la sua forza ed umanità. Alle pareti poster di manifestazioni a lei dedicate (le piacevano i manifesti e le maxi locandine), mentre un fascio di rose regalatole da Valentina Cortese è negligentemente appoggiato su una sedia.
Sull’attaccapanni e sopra il letto alcuni abiti, un cappello rosso, una borsa di paglia e le amata sciarpe. La Merini acquistava i suoi abiti al mercato dei Navigli, l’ultima domenica del mese, o in un negozio sotto casa che trattava anche l’usato. Sul comodino una sigaretta “Diana blu” col filtro tranciato e l’indispensabile lattina di Coca Cola. Sopra uno sgabellino, il telefono con cui dettava ad amici ed editori le sue poesie ed aforismi. Ci sono anche la porta d’ingresso dell’appartamento di Ripa Ticinese e due pannelli del famoso “muro degli angeli”, la parete originariamente dietro il letto, con gli appunti a penna o a rossetto, ma anche disegni e caricature apposte dagli amici. Tutto molto suggestivo.
Terminata la visita alla Casa delle Artiste, avviamoci per via Magolfa per non più di 200 metri e mentre camminiamo vi racconto la storia degli spazzacamini. Gli spazzacamini tradizionalmente arrivavano a Milano dalla Val Vigezzo dove, nella chiese parrocchiale del paese di Re, esiste da tempo infinito un affresco con una Madonna che allatta Gesù. Ma il 29 aprile 1494 avvenne un fatto increscioso: tale Giovanni Zucono sfregiò con un sasso la Madonna che iniziò a sanguinare. La veridicità dei fatti è ampiamente documentata.
Da allora la Madonna del Sasso divenne patrona di tutta la valle e quando gli spazzacamini si trasferivano per la stagione di lavoro a Milano solevano riunirsi la sera in un piccolo oratorio nel cuore del vecchio borgo della Magolfa che ospitava la stessa effige della Madonna del Val Vigezzo. Li faceva sentire a casa.
Nel 1869 si arrivò persino ad istituire presso l’oratorio un Patronato Spazzacamini per accogliere i più poveri, distribuire cibo e vestiario, salvaguardare i diritti dei lavoratori e soprattutto per impartire ai loro bambini un minimo di istruzione scolastica. C’erano infatti tanti bambini al seguito dei padri perché – piccoli e minuti – potevano infilarsi nelle canne fumarie più strette. La domenica mattina gli spazzacamini andavano a vendere la fuliggine raccolta in via Argelati 17 ad un certo De Simoni che a sua volta la rivendeva ai pellettieri per le loro conce.
Poi seguivano la messa in via Magolfa mentre i bambini erano affidati alle Dame di San Vincenzo in un capannone lì accanto. Qui ricevevano maglie di lana, calze e zoccoli, ma soprattutto mangiavano una zuppa con “pan de mej e scart del macellar de Ripa Ticines cunt’ un cicin de raspadura del furmagiatt del Coors San Guttard” (chiedo venia per l’accento approssimativo e in ogni caso la traduzione è “zuppa di pane di miglio e scarti del macellaio di Ripa Ticinese con una grattatina del formaggiaio di corso San Gottardo). Gli adulti, con una lira e mezza, pranzavano invece all’osteria Cà di Can (oggi garage) così chiamata perché i proprietari erano i fratelli Cane. Uno dei fratelli Cane era anche proprietario dello “scaldatoio pubblico” di via Anfossi dove i barboni potevano trovare, nei mesi freddi, un brodo caldo fatto con la trippa, mentre in estate potevano dissetarsi con una birra di limone, praticamente una limonata al bicarbonato.
Oggi l’oratorio della Madonna del Sasso, con a lato un piccolo campanile, è ancora lì, al numero 13 di via Magolfa, tra i due Navigli. Costruito su una precedente cappella nel 1748 e rimaneggiato in stile gotico nell’Ottocento, è proprietà privata ma lo si può visitare il mercoledì e il venerdì dalle 17 alle 19 (come specificato su un foglietto sulla porta d’ingresso). Non vi si celebrano cerimonie, non è più una chiesa, ma è un centro di lettura e meditazione, “un luogo – come viene presentato – per sostare, uno spazio per il silenzio, l’ascolto, l’incontro e la preghiera”.
L’interno è piccolissimo, ad un’unica navata, e ovviamente vi troneggia La Madonna del Sasso in una cornice barocca. La volta ospita una raffigurazione seicentesca dell’Assunzione e una notevole tribuna lignea copre la parete dell’ingresso. Al posto dell’altare una bassa tavolata riporta in evidenza la scritta: “Nel silenzio e nella speranza sarà la nostra forza”. Di fronte, i banchi di lettura per i fedeli.
Nel complesso, grande atmosfera.
Comments