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Immagine del redattoreLaura Invernizzi

Tales of the City

In televisione, revival è una serie che torna con nuovi episodi dopo un certo periodo di tempo, spesso a causa della sua cancellazione.

Da non confondere con il reboot, "riedizione" o "nuova versione" e il remake “rifacimento” e nemmeno con lo spin off, “derivazione”, serie costola con uno o più protagonisti.


Forse ci facciamo poco caso, ma l’elenco de revival nelle serie TV è abbastanza lungo.

In alcuni casi ritroviamo gli stessi attori ad interpretare i protagonisti (X-Files, Gilmore Girls, Veronica Mars ma anche il tenente Colombo) in altri come nel Doctor Who un cambio dell’attore che interpreta Il Signore del Tempo (ora c’è un’attrice Jodie Whittaker). Questa serie risulta la più longeva al mondo, uscita per la prima volta nel 1963 – si è interrotta nel 1989 per poi tornare nel 2005.


Scorrendo qualche settimana fa il vasto catalogo Netflix che attualmente resta la mia piattaforma preferita, sia per stabilità/qualità del video sia per numero di proposte - mi sono imbattuta in una serie dello scorso anno che non credo nemmeno mi fosse mai stata suggerita.

Tales of the City (anche se il titolo completo è Armistead Maupin’s Tales of the City)

La presentazione dice così: dopo vent’anni Mary Ann torna a San Francisco per festeggiare i 90 anni di Anna Madrigal, ma non tutti sono felici di rivederla.

Avevo nostalgia della città e mi sono subito incuriosita, ma come spesso accade – e lo sottolineo anche qui – non sapevo ci sarebbe stato molto altro.

A metà strada tra le scatole cinesi e la ricerca dei pezzi per comporre un puzzle.

E sì, perché non era una nuova serie, ma un revival; il quarto stadio di un percorso iniziato nel 1993 con Tales of the City, seguita da More Tales of The (1998), Further Tales of the City (2001) e poi quella del 2019.

In realtà il percorso è stato decisamente tortuoso: la prima serie va in onda per la prima volta sul Channel 4 nel Regno Unito a settembre 93, mentre negli Stati Uniti nel su PBS a gennaio dell’anno successivo…e qui iniziano i problemi.

La serie è esplicita con nudità, droghe e tra i temi trattati l’omosessualità (io l’ho trovata molto avanti tenendo conto in che anni sono stati girati gli episodi) e la politica – conservatrice – interviene minacciando di togliere fondi pubblici alla rete.

Ci pensa poi una produzione canadese e Showtime (TV a pagamento) a dare una nuova possibilità a questa saga producendo More Tales e Further.

E infine Netflix che ne acquista i diritti e produce l’ultimo - solo per ora, ma si spera in altro - capitolo e lo distribuisce sulla piattaforma il giugno 2019.

La storia – riassumo senza spoiler il tutto – prende il via nel 1976 quando Mary Ann decide di fermarsi a San Francisco e risponde ad un annuncio per l’affitto di un appartamento.

L’attrice che la interpreta è Laura Linney (3 volte nominata agli Oscar e vincitrice di due Golden Globes) e resta nel cast per tutti e 4 i capitoli.

Stesso dicasi per Olympia Dukakis, che è Anna Madrigal, proprietaria di questa meravigliosa casa al 28 di Barbary Lane. Una figura centrale per la serie e per gli inquilini.

C’è Mona che non sa cosa vuole dalla vita (sarà presente fino al secondo capitolo), Michael che passa da una storia all’altra, ma nel corso del tempo non solo riesce con una lettera a fare coming out coi genitori conservatori, ma anche a trovare l’amore.

Sono anni non ancora minati dalla scoperta dell’AIDS, ma è solo questione di tempo (e quanto accaduto è spiegato bene nell’ultimo Tales of the City che è ambientato ai giorni nostri).

Sempre a questo indirizzo abita anche Brian, ex avvocato e playboy, col tempo cambia completamente. L’attore del primo capitolo è tornato ad interpretare lo stesso personaggio a distanza di 25 anni.


Io sono partita dalla fine, poi ho trovato sempre per caso su Netflix il primo capitolo e quindi ho trovato qualche pezzo di puzzle e quando ero già rassegnata a non vedere i due centrali ecco che li scovo sempre su Netflix (purtroppo erano disponibili fino allo scorso 28 giugno, peccato!)

Però la serie si segue lo stesso anche se mancano le parti centrali o si invertono prima e ultima (siamo abituati ai prequel in tv/cinema e noi libri)

Questa serie però apre un’altra porta, quella proprio dei libri, anzi sono loro ad essere quell’ingresso.

Tales of the City ha origine con una rubrica pubblicata sul San Francisco Chronicle da Armistead Maupin. Maupin è l'autore di undici romanzi, tra cui I racconti di San Francisco in nove volumi (in conclusione do ulteriori dettagli in merito).

L’autore ha dichiarato nel 2018 a ridosso della produzione di Tales of the City targata Netflix – di esserne particolarmente contento con vecchi e nuovi coinquilini alle prese con nuove avventure e nuovi amori.

La serie ha visto la partecipazione di persone LGBTQ sia davanti che dietro alla macchina da presa. La showrunner, produttrice esecutiva e sceneggiatrice Lauren Morelli (coproduttrice esecutiva e sceneggiatrice di Orange Is the New Black) e il direttore di produzione e produttore esecutivo Alan Poul (Tales of the City, Six Feet Under, The Newsroom) hanno messo insieme una squadra di sceneggiatori provenienti dal mondo LGBTQ al fine di garantire l'autenticità di personaggi e storie che si estendono su più generazioni all'interno di questa comunità.

Proprio lo scorso anno ho seguito al Festival delle Serie TV un panel sull’importanza della rappresentazione della comunità LGBTQ non solo però nella produzione, ma anche con la presenza di attori e attrici transgender (in Tales of the City 2019 abbiamo Jake Rodriguez, Daniela Vega e Jen Richads).

Il revival di una serie non sempre convince, qui invece credo che il lavoro fatto sia molto interessante e ci sono alcune riflessioni.

Sì, ci sono sempre loro mentre guardo una serie, ma il tema è talmente attuale e purtroppo ancora troppo ricco di stereotipi che merita una visione più consapevole.

Anche per non chiudere il discorso Pride solo perché è terminato il mese di giugno, l’attenzione ai temi (che siano diritti LGBTQ, femminismo, minoranze etniche e religiose, violenza o Aids), non si possono relegare ad una data sul calendario e a un post su Fb o IG.


Torno sui libri di Armistead Maupin; riuscire a risalire alle traduzioni dei romanzi della serie in italiano è stato complicato, tra fuori catalogo, riassunti e nuove edizioni.

Parto da quello che si può acquistare facilmente (Bur Rizzoli):

I racconti di San Francisco (primo capitolo della storia)

Tales of the city. L'autunno di Mary Ann


Se volete lanciarvi nella ricerca in mercatini dell’usato o Ebay - con me ha funzionato per un libro fuori catalogo di Antonia Pozzi, i tempi sono lunghi a volte, ma il servizio notifica fa il lavoro per voi.

Nuovi racconti di San Francisco-Tales of the city: 2

Ritorno a San Francisco-Tales of the city: 3

Ventotto Barbary Lane


Lato serie TV e affini – così ricapitoliamo bene chiudendo la puntata – su Netflix si trova - nel 2021- solo Tales of the City (2019)


Tales of the City (1993), More Tales e Further Tales of the City non sono attualmente disponibili su Netflix (ma si trova qualcosa su YouTube) rispetto a quanto dichiarato nella puntata in cui ho citato anche The Untold Tales of Armistead Maupin documentario del 2017 sulla vita dello scrittore, ma ampio spazio è dedicato alla serie e sono presenti le due protagoniste che in questi anni sono tornare a ricoprire i ruoli di Anna Madrigal e Mary Ann Singleton.

Un autore che coi suoi racconti ha scardinato un mondo e dato un notevole contributo alla comunità LGTBQ

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