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  • Immagine del redattoreWilma Viganò

Piazza Duca d’Aosta - 1

Aggiornamento: 11 ott 2021

LA STAZIONE CENTRALE


“A spasso con Wilma” riprende le sue incursioni milanesi a chilometro zero per accompagnarvi alla visita di angoli conosciuti e sconosciuti della città, destinazioni scontate o misteriose, luoghi di bellezza, di storia, di lavoro e di ingegno. Tutti da riscoprire con occhi un po’ disincantati, forse poco ortodossi, ma senz’altro curiosi. E per partire con questa nuova stagione dove possiamo andare? Beh, nel posto più ovvio per le partenze: la Stazione Centrale. Per i milanesi semplicemente “la Centrale”. Certo, la conosciamo tutti nella sua imponente magniloquenza (in effetti, grandiosa com’è, sarebbe difficile ignorarla), ma ci siamo mai soffermati ad ammirarne i dettagli, a scoprirne gli angoli segreti, a conoscerne la storia? Beh, per chi ne avesse voglia, oggi inizio a raccontarvela.

Stazione Centrale - Facciata - Wilma Viganò

Tanto per cominciare sappiate che la Centrale sorge dove un tempo c’era un campo da calcio, e non un campetto qualsiasi, ma il terreno di gioco dei Diavoli rossoneri. Ebbene sì, era proprio qui che, all’inizio del Novecento, il Milan si allenava e disputava le sue partite casalinghe. Si era all’interno del campo Trotter, che ospitava anche corse di cavalli, gare di biciclette, tiro a volo e che venne poi trasferito a Turro proprio per far spazio alla nuova stazione ferroviaria. Quella precedente, costruita ai tempi dell’Unità d’Italia nell’attuale piazza della Repubblica, era infatti considerata inadeguata al nuovo slancio commerciale della città, proiettata alla conquista dei mercati europei dopo l’apertura dei trafori del San Gottardo e del Sempione. Urgeva rivedere l’intero assetto ferroviario e urbanistico di Milano e venne indetto un concorso pubblico per la realizzazione di una nuova, grande ed efficiente stazione, anche architettonicamente degna di esprimere lo spirito dei tempi. Tanto che a presiedere la commissione nominata a giudicare i progetti venne designato l’architetto Camillo Boito, preside dell’Accademia di Belle Arti.

Inizialmente vennero presentati 17 progetti, non molto soddisfacenti evidentemente, visto che se ne discusse per quattro anni per decidere poi di lanciare un nuovo bando. Questa volta con compensi finanziariamente molto più consistenti e che – guarda caso – ebbe notevole successo. Nel 1911 furono infatti presentati ben 43 progetti e il vincitore fu quello di Ulisse Stacchini che, in onore all’imperante movimento futurista, portava l’evocativo titolo di In motu vita.

Lo Stacchini era un architetto toscano formatosi nell’ambito dello stile viennese dell’art nouveau che espresse quasi esclusivamente la sua arte nell’area lombarda e particolarmente a Milano, dove insegnò al Politecnico. Suo è il ristorante Savini, lo stadio di San Siro, un’infinità di case della buona società meneghina e un altrettanto cospicuo numero di edicole funebri del Monumentale, tutte in chiaro stile Liberty. Ma per la Stazione Centrale, il progetto di una vita, lo Stacchini si fece prendere la mano. E immaginò una maestosa struttura dove solenni scaloni portavano ai treni che arrivavano, sulle ali del progresso, addirittura ad un piano superiore a quello stradale. Con buona pace di chi li doveva raggiungere con le proprie gambe e, soprattutto, coi propri bagagli. (Vale infatti la pena ricordare che la prima scala mobile fu installata solo nel 1956.)

Resta il fatto che il progetto originale tra gli aggiustamenti tecnici e gli entusiasmi straripanti dell’autore, lo scoppio della prima guerra mondiale e una quantità di ripensamenti stentava a decollare; mentre lo Stacchini, preso da furore creativo, arrivò persino a presentare, all’aperto ovviamente, modelli in gesso a grandezza naturale. Altro che i modellini di Vespa! Ma anche con la fine della guerra i lavori ripresero svogliatamente finché nel 1925 intervenne alla sua maniera Mussolini che “ordinò” che fosse tutto pronto in sei anni. E così fu.

L’inaugurazione ufficiale ebbe luogo il 1° luglio 1931 alla presenza del Ministro delle Comunicazioni Costanzo Ciano e di mons. Giacinto Tredici, vicario generale dell'arcidiocesi. Ma dov’era Mussolini che tanto ci teneva? Il fatto è che avrebbe dovuto esserci, ma quando il cardinale Schuster, arcivescovo di Milano, decise di non partecipare all'evento per protesta contro le persecuzioni fasciste nei confronti dell'Azione Cattolica e di farsi rappresentare dal suo vicario, il Duce decise per ripicca di delegare a sua volta il ministro delle Comunicazioni. Insomma, partenza in salita.

Ma la Cattedrale in movimento, così come venne definita, apparve ai milanesi che accorsero in piazza Duca d’Aosta grandiosa e magniloquente, un luogo ricco di arte, storia e cultura, pullulante di vita. Il modello di riferimento dello Stacchini era stata la Union Station di Washington trasformata, nella versione Made in Milan, in un mix di eclettismo, Liberty e razionalismo fascista. Particolarmente ricco è tutto l’apparato decorativo che la anima, e che forse per non perdere il treno ci dimentichiamo di ammirare: dai cavalli alati sulla facciata, metafora del Progresso guidato da Volontà e Intelligenza, al dio del Commercio Mercurio che, con il suo caratteristico elmo alato, compare un po’ dappertutto.

Stazione Centrale - Galleria delle Carrozze - Wilma Viganò

Osservate bene: tutta la struttura è un pullulare incessante di maioliche, mosaici, statue, orologi, lampadari, fontane a cui hanno contribuito alcuni tra i più importanti artisti dell’epoca: da Castiglioni a Bazzoni, da Cascella a Bolzani. Tutto è maestoso. Ci si perde nella grandiosità degli spazi, delle ampie scalinate … così come nella Galleria delle Carrozze del piano terra si inneggia ad uno sviluppo tecnologico con le citazioni di Edison, Marconi e Volta per celebrare l’ingegno umano su cui poggiano l’Industria, il Commercio, il Lavoro e le Scienze, nuovi dei moderni che appaiono nei medaglioni tondi. E poi l’elegantissimo lettering e grafica tipiche di quegli anni, le sinuose lampade déco, l’abbondanza di aquile e lupe, simbolo di fiera romanità, e naturalmente i fasci littori. Ma anche la proiezione verso il mondo, un ruolo condiviso con altre città protagoniste del momento (Torino, Venezia, Roma e Genova) raffigurate con i rispettivi quattro animali simbolici (il toro, il leone, la lupa e il grifone) che svettano sulle facciate laterali dell’edificio.

Li avete mai visti? Basta guardare in su!


Nel Salone delle Biglietterie i segni zodiacali, che alludono allo scorrere del tempo e del viaggio, sono accostati a rilievi con le Storia di Roma, a giganteschi dei e a medaglioni che presentano i vari mezzi di trasporto. Mentre l’arrivo dei treni al piano superiore è coperto da una grandiosa tettoia, opera di Alberto Fava, la più grande mai realizzata in Italia, che copre 24 binari, tutti tronchi e tutti adibiti al trasporto passeggeri (le merci arrivavano al piano inferiore). Passeggeri che, raggiungendo la galleria che porta all’esterno, dovrebbero alzare gli occhi per ammirare le splendide vedute di Milano, Roma, Firenze e Torino, ma anche volgerli a terra per rendere omaggio ai mosaici alla veneziana, con riquadri in marmo e stemmi di città.

Una curiosità: molti interni della Stazione sembrano realizzati in marmo, ma non lo sono. Problemi di budget al momento della costruzione hanno consigliato l’utilizzo della scagliola, un materiale ottenuto da una varietà di gesso, la selenite, mischiata con acqua e colore in grado di apparire proprio come fosse marmo! Comunque, a parte le scale mobili ed altri aggiustamenti apportati nel corso degli anni, tra il 2005 e il 2010 la Stazione Centrale è stata poderosamente restaurata e ristrutturata ridisegnandone l’architettura interna con un sistema raccordato di negozi adatti a soddisfare ogni esigenza: dall’abbigliamento ai libri, dalla telefonia al cibo.

Quest’ultimo ulteriormente sviluppato lungo i due versanti laterali dove si può trovare un po’ di tutto: dal sushi alle polpette, dalle lasagne ai cannoli siciliani preparati al momento. La vecchia sala d’aspetto del terzo piano è stata invece inglobata dalla Feltrinelli e qui, tra uno scaffale di libri e l’altro, si intravvedono una serie di dipinti murali che raffigurano alcune città italiane: Assisi, Padova, Pisa, Napoli, Bologna. C’è persino una bellissima fontana d’epoca in marmo.

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