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Immagine del redattoreWilma Viganò

NoLo (North of Loreto)

Aggiornamento: 11 ott 2021

UNA CHIESA E DUE PALAZZI


La passeggiata di oggi necessita una premessa. Solitamente al toponimo di una piazza che cita un santo o una santa corrisponde una chiesa. Ma non sempre. E’ il caso della centralissima Piazza Santa Maria Beltrade, all’inizio di via Torino, dove di chiesa non c’è nemmeno l’ombra.

Mentre risulta essercene una, con questo nome, verso la periferia nord, a NoLo, il nuovo quartiere trendy North of Loreto.

Come mai? Beh, il quesito ci dà lo spunto per una meta abbastanza insolita che comprende la scoperta, lungo il cammino, di un paio di curiosità molto milanesi.

Cominciamo con la storia. In effetti in piazza Santa Maria Beltrade la chiesa c’era, fondata nell’anno 863 da una certa contessa Beltrade, imparentata con Carlo Magno. E la fama secolare (della chiesa, non della contessa) va fatta risalire a quella che forse era la più antica delle feste mariane presenti a Milano: la solenne processione che, il 2 di febbraio portava in visita un’immagine della Madonna dal Duomo alla chiesa per una solenne benedizione per poi riportarla al suo luogo di permanenza stabile. Segno distintivo della cerimonia erano le candele tant’è che la chiesa arrivò ad essere conosciuta anche come Sancta Maria Cerealis (cioè delle candele) e la processione prese il nome di Candelora. In funzione della stagionalità poi, alla liturgia venne persino abbinata una previsione metereologica, da cui il popolare detto: “Alla Candelora dall’inverno siamo fora, ma se nevica o tira vento, per 40 giorni siamo dentro”. A tutt’oggi il Duomo ricorda la processione con un pannello sul portone e una cerimonia, ovviamente ridimensionata e interna, che utilizza l’icona originale.

Qualche secolo dopo, all’inizio del Seicento, Santa Maria Beltrade fece una storica acquisizione: la statua della Madonna Addolorata realizzata da Virginio del Conte da utilizzare appunto per le solenni processioni e che divenne il suo simbolo. La statua venne rivestita con un ricco abito che, nel corso dei secoli successivi, è stato più volte rinnovato. Insomma, la vocazione allo stilismo dei milanesi ha radici lontane. Purtroppo però la prima guerra mondiale distrusse gran parte della chiesa che, sconsacrata, finì utilizzata come magazzino per masserizie. Nel frattempo però il territorio di Milano aveva cominciato ad estendersi e, dalle parti di viale Monza, era stata individuata una zona che necessitava di un centro di culto. Fu così che l’antica parrocchia di Santa Maria Beltrade venne ricostruita in via Oxilia, con tanto di Madonna originale, che nel frattempo aveva trovato riparo dai vicini della chiesa San Sepolcro.

Viale Monza - Casa del Macellaio - Wilma Viganò

A questo punto dirigiamoci con la linea rossa del metrò alla nostra destinazione. La fermata è quella di Pasteur, appena dopo piazzale Loreto, e – all’uscita della stazione – troviamo subito due divertenti intermezzi. Innanzi tutto guardiamo in alto al numero 51, proprio in cima alla facciata di un palazzotto classicheggiante che fa un po’ il verso alle costruzioni nobiliari del centro. Il palazzo fu voluta da tale Enrico Ferrario, un intraprendente ex garzone di macelleria che, negli anni a cavallo tra l’800 e il 900, fece una gran fortuna nel ramo della macellazione, arrivando a gestire o a fornire quasi tutte le rivendite di carne della città. E quando nel 1906 si trattò di erigere la residenza di famiglia non volle esser da meno dei palazzi dei signori. Ecco quindi fregi di vario genere, lo stemma gentilizio semplicemente costituito dalle iniziali del nome ma soprattutto sormontato da due nudi imponenti che altro non sono che il signor Ferrario in persona che ammira la sua sciura discinta, Carolina Reina, di cui era innamoratissimo. Da non perdere.


Poco più avanti, sull’altro lato della strada, al numero 56 c’è un’altra bizzarria: un grande castello di gusto medievale in granito grigio. Venne costruito nel 1917 quando la strada per Monza era un grande viale alberato lungo il quale passava l’ippovia. Qui viveva un altro imprenditore dell’epoca, il ragionier Primo Gilberti, che gestiva una fabbrica di corsetteria (leggi mutande per signora). E qui il Gilberti, già sindaco di Greco, appassionato di scultura antica, grande viaggiatore, studioso di medicina e veterinaria, decise di erigere la propria residenza definitiva. Per lo stile si ispirò alle dimore medievali che allora andavano per la maggiore. Composto da cinque piani con tanto di torre merlata e bifore, il castello esibisce però anche la novità edilizia dell’epoca: le tapparelle! Il Gilberti tenne per sé l’ultimo piano e la torre dove piazzò un telescopio per ammirare le stelle. Il resto del palazzo lo diede in affitto. Oggi è ancora un condominio con un bel giardino interno con platani e aceri secolari.


Dopo aver ammirato le due residenze, imbocchiamo via Varanini per la raggiungere la nostra meta in via Oxilia. La nuova chiesa di Santa Maria Beltrade, inaugurata ufficialmente dal cardinale Schuster il 12 dicembre del 1933, fu progettata e decorata a cura della Scuola d’Arte Cristiana Beato Angelico, una realtà tuttora operativa a Milano, la cui comunità vive divisa tra la propria vocazione religiosa e quella artistica, con l’obbiettivo di annunciare la salvezza mediante la bellezza. E secondo me qui hanno fatto un ottimo lavoro. L’idea era quella di utilizzare tutte le moderne risorse dell’architettura senza scimmiottare il passato. Ecco quindi uno scheletro a forma di piramide in cemento armato, rivestito di mattoni alla lombarda ed articolato da muri leggeri di riempimento che con le loro camere d’aria proteggevano, a tuttora proteggono, dal freddo. Già allora si pensava al risparmio energetico.

Chiesa Santa Maria Beltrade - Candelora - Wilma Viganò

Il decoro dell’interno, tutto curatissimo, risente del gusto déco di quegli anni ed è tutto da ammirare fin nei minimi dettagli: dagli eleganti grafismi che decorano le cornici di archi, balaustre, tabernacoli, ai coloratissimi mosaici e pitture, sino al font delle scritte in latino che, a mo’ di didascalie, trasmettono il significato profondo delle scritture. Qua e là, ciò che è stato possibile recuperare dall’antica chiesa è stato inserito con garbo e discrezione. L’unica figura che si fa notare per la sua anomalia stilistica nel tripudio delle esili silhouette déco (ma ci sta) è la seicentesca Madonna agghindata, secondo tradizione, con l’ennesimo look. Interessante l’iconografia generale. Come quella dell’altare maggiore dove la croce tradizionale è stata sostituita da un salice piangente, simbolo di vita, dal quale scaturiscono i sette fiumi che rappresentano i sette sacramenti. Piuttosto che il battistero dove le rappresentazioni classiche sovrastano dei diavoletti – raramente raffigurati nelle chiese – che, come da tradizione, fuggono spaventati dall’acquasanta.

Ma l’elemento portante che celebra il collegamento tra il vecchio e il nuovo è il colossale affresco dipinto da Antonio Marinotti sulla controfacciata, cioè proprio sopra il portone interno, che documenta la spettacolare processione che, negli anni Trenta, accompagnò il trasporto della Madonna dal suo rifugio di piazza San Sepolcro alla nuova sede di via Oxilia. Fu un evento che coinvolse tutta la città il cui profilo si vede sfilare sullo sfondo. In primo piano il popolo milanese che, candele alla mano, accompagna la statua. I volti sono quelli dei fedeli dell’epoca, compresi il parroco e l’arcivescovo. E così il cerchio si chiude.

Cinema Beltrade - Ingresso - Wilma Viganò

Uscendo val la pena di notare sulla destra l’ingresso del Cinema Beltrade, ex cinema parrocchiale, e oggi uno delle più attive e stimolanti sale d’éssai milanesi, l’unica della città che proietta tutti i film in lingua originale. La sofisticatissima programmazione, partita con un finanziamento della Fondazione Cariplo, è oggi portata avanti da un gruppo di giovani in collaborazione con alcuni volontari della Parrocchia. Anche in questo caso il cerchio si chiude.

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