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Immagine del redattoreAlberto Pandiani

Ma le gambe...

Moda e tubercolosi si sono incontrate diverse volte nel corso della storia e, per quanto possa sembrare assurdo, la malattia ha influenzato, per non dire rivoluzionato, la moda in più di un’occasione.

Tutto nasce dagli ideali di bellezza femminile diffusi nelle classi superiori fino a metà Ottocento. In questi anni, infatti, i nobili possono permettersi di rimanere rinchiusi nelle loro torri dorate mentre i popolani sono obbligati ad uscire di casa per andare a lavorare e, più umili sono i loro lavori, maggiore è la quantità di sole che prendono (per fare un esempio: un negoziante passa all’aperto solo il tempo per le commissioni; il contadino è tutto il giorno sotto il sole). Quindi, più una persona è abbronzata, meno è importante; più è pallida, maggiori sono il suo benessere e la sua nobiltà. Di più, una donna magra e dalla vita sottile viene considerata attraente, e le labbra e le guance rosse, così come le pupille dilatate, sono segno di vitalità e passione.

È proprio di questo periodo la nascita del trucco: cipria per impallidire, ma terra rossa per avere gote rubiconde. Il rossetto, usato per la prima volta migliaia di anni prima e bandito nel Medioevo perché le labbra rosse erano indice di diavoleria, viene reintrodotto da Elisabetta I che lo porta con orgoglio. I busti, vera tortura per le donne di troppi secoli, sono un must per ogni signorina bene. Per quanto riguarda le pupille, beh… in questo campo si è spesso esagerato perché non è infrequente l’uso di gocce di belladonna che però provoca allucinazioni nell’immediato e cecità nel lungo periodo.

La questione è che la tubercolosi dà proprio questi segni distintivi: dimagrimento e pallore (per la malattia), guance e labbra rubiconde (quando sale la febbre) e perfino le pupille dilatate. Il fatto che tra il Sette e l’Ottocento la tubercolosi diventi una malattia che colpisce indistintamente tutte le classi sociali, porta al fenomeno di emulazione da parte di molti che aspirano a quella malattia che negli anni colpisce Moliere e Chopin, Goethe e Pascal, Keats e le sorelle Brontë.

Ma proprio perché anche le signore più benestanti vengono colpite dalla tbc, c’è un primo cambiamento nell’abbigliamento.


Fotografia di corsetto
Corsetto

Michela Gattermayer, giornalista, direttore moda di Donna Moderna: "I corsetti che modellano le forme femminili e impongono una postura obbligata per via delle stecche di ossa di balena, avorio o legno di cui sono riempite, finiscono sul banco degli imputati, accusate di peggiorare la malattia, limitando la respirazione e impedendo un corretto deflusso del sangue. E così vengono inventati i cosiddetti “corsetti della salute” in tessuti elastici, decisamente più confortevoli."

Ma questo è stato solo un antipasto della rivoluzione che la tbc ha portato nella moda. Nell’Ottocento, infatti, accadono due fatti che hanno provocato un vero e proprio sconquasso nei costumi a cui assistiamo ancora oggi: nascono i sanatori, frequentati in prevalenza da ricchi, famosi e nobili, e si scopre l’influenza che un ambiente sporco ha sul proliferare delle malattie. Ma procediamo per gradi.


Come abbiamo visto nella puntata sui sanatori, gli ospiti di queste strutture fondamentalmente seguono tre regole: una dieta ricca di proteine, una leggera ma regolare attività fisica, e ore spese all’aria aperta per respirare aria pulita e fare bagni di sole. Questo stile di vita, però, modifica profondamente l’aspetto soprattutto delle nobili che, da pallide e magre, diventano abbronzate e con un fisico più o meno atletico. Naturalmente, una volta lasciato il sanatorio, questa differenza salta all’occhio e il popolo che le guarda con ammirazione e desiderio di emulazione (in una parola, le “followers”) inizia a imitarle e nasce il prototipo di quella bellezza che vediamo ancora ai nostri giorni.

Adesso, prima di parlare del secondo punto a cui abbiamo accennato, e cioè quanto la sporcizia possa favorire le malattie, facciamo un passo indietro, fino ai tempi della Rivoluzione Francese quando nascono i movimenti per l'emancipazione della donna. I più famosi sono quelli delle suffragette inglesi che chiedono il diritto di voto, ma questo è solo un aspetto della condizione femminile del tempo. L’abbigliamento, ad esempio, è un'imposizione ai limiti della tortura.


Fotografia di gonna con sellino
Gonna con sellino

"Tra la fine del Settecento e l'inizio del Novecento la moda impone prima una gonna rigonfiata sui fianchi, poi dietro col sellino, poi una forma a clessidra di tutta la silhouette con l'aiuto di sottovesti e crinoline, che raggiunge il suo apice con la cosiddetta "mongolfiera" del 1860."

La crinolina, per chi non lo sapesse, tecnicamente è una sottogonna, ma praticamente una vera e propria armatura di tessuto rigido, con cerchi di acciaio che vanno allargandosi sempre più man mano che si allontanano dalla vita.

La forma è talmente esagerata che ad un certo punto vengono realizzati anche modelli con molle, in modo che le signore possano passare dalle porte o sedersi in carrozza. La lunghezza è obbligatoriamente massima: in epoca vittoriana è disdicevole scoprire le caviglie, come ci ricorda la Bohème di Puccini nell’accusa rivolta a Mimì: “Ella sgonnella e scopre la caviglia / con un far promettente e lusinghier”.


Fotografia di crinolina
Crinolina

A fine Ottocento si ha un primo avvicinamento alla semplicità, almeno estetica. "Nasce il tailleur che permette una libertà di movimento mai vista negli ultimi secoli, grazie all’abbandono di tutte le sottostrutture delle gonne e dei fronzoli, esteticamente magari piacevoli ma decisamente d’impaccio.

Negli anni 10 del Novecento Poiret, ispirato dai tagli e dai tessuti orientali, lancia la jupe-coulotte, che poi diventerà la gonna pantalone." Ma è negli anni ‘20, proprio grazie alla lotta alla tubercolosi che si ha il vero cambiamento epocale.

Come abbiamo visto nelle puntate precedenti, Virchow scopre che un ambiente sporco favorisce la diffusione della tubercolosi. Ma se le sottane sono così lunghe da strisciare sui marciapiedi e sulle strade, quando le donne tornano a casa, portano con sé della sporcizia, con logico rischio di diffondere malattie.

Conseguenza di ciò: le gonne DEVONO accorciarsi per un semplice motivo medico e igienico, pazienza se si scoprono le caviglie o se, addirittura, è possibile che si vedano le gambe!


Fotografia di Coco Chanel
Gabrielle "Coco" Chanel

Le donne sono così finalmente libere di indossare un nuovo genere di vestiti, grazie ai modelli proposti in primis da Coco Chanel, che miscela praticità, comodità ed eleganza.

"Una ulteriore conseguenza dell’accorciamento della gonna è la visibilità delle scarpe che si trasformano da oggetti necessari e invisibili in elementi fondamentali per l’eleganza e l’espressione della personalità della donna. Bisogna ricordare che, da metà Ottocento in poi, la produzione di massa rende disponibili modelli e materiali utili per ogni occasione e, quindi, la possibilità di acquisto per diversi ceti sociali di varie paia di scarpe che possono perciò essere alternate in funzione delle attività svolte e abbinate, secondo il gusto personale, al vestito indossato."


E i signori uomini, invece?

A parte il discorso dell’aspetto fisico, cioè un fisico abbronzato più o meno muscoloso, anche per loro c’è un piccola rivoluzione: "visto che l’igiene è importante, tutti i medici in primis, ma non solo loro, sono per così dire “obbligati” a eliminare o, almeno, accorciare le foltissime barbe e i lunghi baffi tanto di moda nell’Ottocento e nei primi anni del Novecento, felice ricettacolo per pidocchi, batteri e sporcizia varia (quindi, signori hipster, mi raccomando: curate la vostra barba!)"

 

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