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Immagine del redattoreLaura Invernizzi

London Calling

L'Intelligence è una storia. Una storia basata su fatti incompleti. Le decisioni di vita o di morte dipendono dal fatto che le persone credano alla storia

Parto da una confessione: avevo in programma per questa puntata un argomento decisamente articolato, che richiede ancora qualche ora studio ed ero un po’ in ansia…poi la visione di una nuova serie su Netflix mi ha offerto una scappatoia.


Chi ascolta questo podcast da tempo si sarà accorto che seguo poco i trend e non mi affretto nel portare qui le ultime uscite (anche se mi capita di anticipare qualche serie TV non ancora disponibile in Italia). Un po’ perché ci sono persone più autorevoli di me che le recensiscono, un po’ perché sono la prima a stancarmi di leggere o ascoltare le stesse cose.

Ma ci sono elementi che mi hanno colpita di questa serie, quindi ho preso la palla al balzo.


L’argomento: diplomazia/politica/spie non rientra tra i miei generi preferiti…in realtà non ero certa esistesse un nome calzante che racchiudesse il tutto, ma mi è venuto in soccorso il mitico Alan Sepinwall che utilizza il termine Dad TV ovvero una combinazione di azione, suspense e mistero che ruota attorno a un protagonista maschile iper-esperto e spesso spiritoso (lo ha scritto su Rolling Stone)….insomma ben lontano dai miei amati detective stropicciati.


Ho iniziato a vedere The Diplomat - serie TV uscita su Netflix il 20 aprile - a Trieste dopo km macinati a piedi a compensare le ore in treno, non tanto perché attirata dell’argomento, ma per gli intrepreti: Keri Russell e Rufus Sewell.

La showrunner e creator della serie Debora Cahn ha maturato una lunga esperienza sul tema, avendo lavorato per The West Wing (è nella lista delle serie da vedere…devo solo trovare tempo per i 154 episodi) e Homeland.

“Quando stavo lavorando a Homeland - ha dichiarato in un’intervista con Adrian Florido su NPR.org - abbiamo avuto il piacere di avere molti esperti di diversi campi durante la nostra fase di ricerca, e uno di loro era un'ambasciatrice di nome Beth Jones, che è entrata - e ha iniziato a parlare, e due minuti dopo l'inizio della conversazione, è diventato chiaro che ciò che ha fatto nel corso della sua carriera non sarebbe stato affatto fuori luogo in un film d'azione. E mi è venuto in mente che abbiamo ambasciatori nelle zone di crisi in tutto il mondo che fanno cose di cui, per la maggior parte, non sentiamo mai parlare. Se stanno facendo bene il loro lavoro, non raggiungerà mai il nostro schermo radar, ma sono profondamente coinvolti nel porre fine alle guerre o nel fermarle prima che inizino: una posta in gioco alta, roba ad alta intensità che richiede un'enorme quantità di conoscenza, esperienza e coraggio.


La Cahn è stata anche ispirata dall'idea delle coppie che lavorano insieme, le "coppie tandem" che lavorano nel Foreign Service sono appassionate di ciò che fanno e l'una dell'altra. "Ma 10, 15 anni dopo, ti trovi in ​​una situazione in cui la persona che ami di più è anche qualcuno con cui sei sempre in competizione.” Lo ha notato anche nell’ambiente in cui lavora.


La serie è composta da 8 puntate e vedono protagonista Kate Wyler (Keri Russell), diplomatica come il marito Hal, che ha un curriculum di tutto rispetto nelle zone di guerra. È in procinto di partire per l’Afghanistan, ma a causa di un evento drammatico – l’attacco ad una portaerei britannica - viene dirottata a Londra come ambasciatrice.

Un ruolo in vista, fatto anche di cerimoniali, foto di rappresentanza e vestiti scelti ad hoc, ma la nostra protagonista è decisamente più pratica e senza fronzoli. Lo si nota dai capelli non proprio in ordine (sarà una costante…è un donna un po’ stropicciata, ma da subito si guadagna la stima delle persone che ha intorno a partire da Eidra Park, a capo della sezione londinese della CIA).

"Ho letto la sceneggiatura di Debora Cahn e ho pensato che fosse così divertente, tagliente, disordinato e piacevole, da non poter dire di no", ha detto Keri Russell a Netflix.

Anche lei non è nuova al genere avendo ricoperto il ruolo di spia in The Americans.


Hal Wyler, suo marito, ha uno stile decisamente diverso di lavorare e porsi, è carismatico, ambasciatore di lungo corso, ama il potere e stare sotto i riflettori, stimato ma si è fatto molti nemici.

Il ruolo di “moglie” è una cosa nuova per lui, pur stimando la sua collega e consorte ed avendo con lei scambi di vedute costanti.

E tutte queste caratteristiche sono rese al meglio – a mio modesto avviso – dalla scelta di Rufus Sewell, affascinante attore inglese – qui però sfoggia un accento americano – dagli occhi di ghiaccio che forse molti ricordano per il ruolo di spietato comandante nazista in The Man in the High Castle. È nel cast del recentissimo Kaleidoscope (sempre su Netflix).


"Questa parte era esattamente quello che volevo fare", ha detto Sewell a Netflix. “Ciò che mi ha colpito è stato l'umorismo, le battute tra i due personaggi centrali - Hal e Kate - era davvero divertente e intelligente, e qualcosa che non avevo mai visto prima in un thriller. C'è anche una componente reale, non è una classica relazione che si vede nelle serie TV. C’è del realismo, ma anche la velocità e il vigore di un dramma stravagante, come il genere di film che ho sempre amato.


A colpirmi è stata proprio la dinamica tra i due protagonisti e ovviamente tra gli attori che rende il tutto molto diverso da quello in cui mi sono imbattuta in passato. Alleggerisce la storia, ma non la banalizza dandole un ulteriore ritmo alla già intricata vicenda a base della storia.


Altro personaggio chiave nella serie, il Ministro degli Esteri britannico Austin Dennison con cui la nostra protagonista ha scambi intensi e a tratti stralunati.

C'era qualcosa in questa sceneggiatura che è saltata fuori dalla pagina e mi ha schiaffeggiato in faccia e ha detto: 'Seguimi nella sala delle audizioni'", ha dichiarato David Gyasi. “Una delle cose che mi ha colpito per la prima volta è stato il fatto che, a quel punto, non avevamo un ministro degli Esteri che somigliasse a Dennison. E ho pensato solo che sarebbe stato davvero divertente da esplorare, e anche esplorare come sarebbe essere in un governo Tory e assomigliare a Dennison.”


Non sto a raccontarvi la trama - perché finirei per fare spoiler - ma emergono alcune questioni interessanti che escono dalla bocca dei protagonisti. La prima l’ho citata in apertura e potrebbe essere seguita da alcune considerazioni che Hal esterna durante un incontro (sta sostituendo Kate impegnata in un incontro importante) “La diplomazia non funziona mai. Fino a quando non lo fa.”

C’è però anche la frustrazione della neo ambasciatrice quando cerca di far passare le sue idee, ma viene ostacolata.

Sai perché non volevo questo lavoro? - dice a Billie Appiah, Chef of Staff della Casa Bianca - Ho passato un decennio a costruirmi una reputazione in una comunità tale che quando dico qualcosa, le persone mi ascoltano.”


Linda Holmes nella sua recensione su NPR.org sottolinea diversi aspetti dei personaggi e della storia

Questa è anche una storia sul genere e sul lavoro. Il matrimonio di Kate e Hal si è basato su un'idea specifica non solo di chi sono l'uno per l'altro, ma anche di chi sia generalmente la moglie di un uomo importante. […]

Anche i compiti di grande importanza a volte vengono descritti a Kate in modi da farli sembrare sospettosamente come custodi: impedisci a quest'uomo di fare qualcosa di folle, tieni quest'uomo sui binari, mantieni quest'uomo calmo, digli ciò di cui ha bisogno e cosa vuole sentire. Ci sono alcune linee sottili qui tra la diplomazia, l'adulazione e l'indulgenza dell'irragionevole. Parte di ciò che Kate fa, rientra del lavoro di chiunque segua protocolli così rigidi e attenti. Ma in parte trasuda sessismo. È come se essere la moglie di Hal avesse preparato Kate per una vita intera a trattare con uomini che si aspettano che lei spenda i suoi considerevoli talenti in modi che giovino alla missione, ma che rendano anche le loro vite più facili o addirittura possibili.”


Non credo sia un caso il fatto che la serie sia scritta da una donna e che abbia dunque posto l’accento su queste dinamiche colte dalla giornalista.


Insomma una serie un po’ diversa dal solito…peccato siano solo 8 episodi con un finale che ci lascia col fiato sospeso, ma per fortuna Netflix il 1° maggio ha rinnovato la serie per una seconda stagione.


The Diplomat è stata accolta molto bene, giusto l’altro giorno ne ho sentito parlare anche in radio.

È stata paragonata ad House of Cards…su questa cosa dissento. Va bene che tratta di politica (americana) ma Kate e Hal Wyler sono lontani da Frank - e Claire – Underwood.


Diciamo che per certi aspetti mi ha ricordato Madam Secretary, serie di CBS andata in onda tra il 2014 e il 2019 con protagonista Téa Leoni che si ritrova ad essere Secretario di Stato degli Stati Uniti.

Bella, ma senza quel quid in più di cui abbiamo parlato per The Diplomat (anche se la prima puntata potrebbe lasciare un po’ perplessi). Lo ha scritto anche Lucy Mangan su The Guardian:


“Dopo un episodio di apertura leggermente turgido, The Diplomat diventa un viaggio estremamente divertente e, mentre la Russell governa lo spettacolo, tutti intorno a lei sono un'aggiunta e un supporto brillanti.”


Un’ultima curiosità: nel 2020 era stata commissionata dal canale televisivo Alibi in collaborazione con BBC, una serie con protagonista una diplomatica britannica che vive e lavora a Barcellona. Titolo della serie -uscita poi a febbraio di quest’anno - The Diplomat.

Il quotidiano I ha citato ha citato una fonte anonima vicina alla serie britannica come frustrata dalla scelta del titolo per la serie Netflix (annunciata ad inizio 2022), temendo che avrebbe confuso gli spettatori e complicato le vendite internazionali dei diritti per la serie Alibi, che sono gestite da BBC Studios.

Nessuna delle parti ha indicato la volontà di modificare il titolo per evitare confusione.


Mi auguro che la serie britannica The Diplomat abbia lo stesso successo dell’omonima americana e che possa essere visibile anche in Italia

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