Forse alcuni di voi se ne sono già accorti nei periodi di chiusura (e io ho modestamente cercato di suggerirlo con le mie passeggiate), ma Milano può essere un museo a cielo aperto, oltretutto gratuito.
Statue, dipinti, monumenti si incontrano un po’ in ogni dove: basta guardarsi attorno e, con un po’ di storia alla mano, trasformare un semplice passaggio in una visita ad una galleria d’arte.
Una delle gallerie d’arte a cielo aperto più importanti della città (ma ce ne sono altre) è il cortile d’onore del palazzo di Brera. Ci sarete certamente passati, ma l’avete considerato da questo punto di vista alternativo? Innanzi tutto va apprezzata la sua valenza architettonica. Già chiostro del monastero di Santa Maria di Brera, il cortile è un’imponente struttura quadrangolare (30 metri x 40) ideata da Francesco Maria Richini: risale all’inizio del ‘600 e rappresenta il perfetto archetipo del cortile lombardo a doppio loggiato.
Originariamente serioso e disadorno, fu arricchito a partire dall’Ottocento con un buon numero di statue, buste e lapidi dedicate alle maggiori personalità scientifiche e artistiche della Lombardia. L’idea era quella di comunicare al visitatore che qui si celebravano non solo artisti, ma anche padri della patria, letterati e giuristi utilizzando l’arte della scultura che, a Milano e presso la sua Accademia, risulta si sia distinta più di quella della pittura.
Entriamo dunque liberamente nel cortile e già nel portale d’ingresso possiamo ammirare due monumenti e conoscere due personaggi: a destra Luigi Canonica e a sinistra Ranieri Girotti. Il primo era un progettista svizzero importato a Milano dove si guadagnò l’incarico di Architetto Reale realizzando, tra molto altro, Foro Bonaparte e l’Arena. Il secondo invece fu una sorta di sponsor dell’Accademia. Orafo di grande successo lasciò come lascito testamentario un premio annuo di 300 lire milanesi per il vincitore di un concorso di disegno; insomma una specie di borsa di studio da assegnare tra gli allievi dell’Accademia. Chissà se esiste ancora a valore rivalutato?
Al centro del cortile che si apre di fronte a noi, non si può mancare l’opera più famosa: la statua in bronzo di Napoleone Bonaparte, che credo mai, nemmeno nei suoi sogni di grandeur più sfrenati, si sia potuto immaginare tanto imponente e bello. Raffigurato come Marte pacificatore, esibisce quello che è considerato dalle sciure milanesi il più bel fondoschiena maschile della città. La statua è una copia in bronzo dell’originale in marmo di Carrara realizzata da Antonio Canova nel 1806 su commissione dello stesso Napoleone.
Ma i glutei di Napoleone non devono distrarci dalle sei sentinelle che lo circondano sotto le arcate del chiostro e che sono, da sinistra dell’ingresso: Tommaso Grossi (scrittore e poeta grande amico del Porta e del Manzoni), Bonaventura Cavalieri (prelato e matematico che con i suoi studi anticipò persino Galileo), Carlo Ottavio Castiglioni (filologo, orientalista e numismatico), Luigi Cagnola (autore dell’Arco della Pace e del primo piano regolatore della città), Pietro Verri (filosofo, economista, storico e scrittore, tra i fondatori della Repubblica Cisalpina) ed infine Gabrio Piola (matematico e fisico a cui è stata persino dedicata una fermata della metropolitana di fianco al Politecnico dove insegnò). Insomma, un gran pool di cervelli, come si direbbe oggi, che possiamo incontrare in atteggiamenti consoni al ruolo, abbastanza disinvolti e pacati, ben vestiti secondo le mode delle rispettive epoche. Insomma, un bel tuffo nell’intellighenzia milanese.
Lasciate le sentinelle di Napoleone, il consiglio è quello di proseguire la visita girovagando tra i corridoi prospicenti l’ingresso dell’Accademia. Ci troverete una considerevole ed affascinante serie di gessi che altro non sono che calchi fedelissimi di alcune delle più importanti sculture dell’umanità, tra cui – tanto per citarne una – quella dei cavalli di San Marco. I calchi furono realizzati nell’Ottocento per permettere agli allievi di esercitarsi copiando monumenti che forse mai avrebbero avuto occasione di vedere dal vivo. E la cosa vale naturalmente anche per noi, soprattutto di questi tempi.
Ma proseguiamo la visita salendo al piano superiore tramite lo scalone richiniano, dove sul lato destro troviamo una statua del Parini, mentre a sinistra c’è quella di Cesare Beccaria. Il Parini a Brera ci aveva addirittura abitato perché come abate nullatenente viveva come precettore presso le grandi famiglie milanesi e quando gli offrirono la cattedra di eloquenza e belle arti gli dovettero offrire anche la residenza. Le due statue, che ritraggono i due illustrissimi milanesi assisi su altrettanti poltrone furono commissionate nello stesso periodo, ma non si sa perché quella del Beccaria venne ufficialmente inaugurata, mentre quella del Parini aspetta ancor oggi la sua cerimonia d’installazione.
Arrivati al primo piano, lungo tutto il porticato che precede l’ingresso alla Pinacoteca troveremo disseminati un gran numero di busti e statue, alcuni dei quali possono vantare la firma di artisti famosi come Adolfo Wildt. In genere si tratta di ritratti che i professori dell’Accademia si son fatti l’un altro, magari per autocelebrarsi, ma ciò nulla toglie al valore delle opere e alle conoscenze che ci trasmettono.
Dulcis in fundo, proprio di fronte all’ingresso della Pinacoteca, non resta che ammirare un cavallo in bronzo di Marino Marini, ultima monumentale realizzazione della tragica sequenza dei Miracoli del Maestro toscano con il cavallo caduto in diagonale e il cavaliere riverso sul dorso.
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