Con la passeggiata di un paio di settimane fa, abbiamo fatto “churching” con le tre chiese (senza Duomo!) di piazza Duomo, ma già che siamo da quelle parti credo valga la pena di soffermarsi per dare un’occhiata a un paio di monumenti.
Il primo, e non lo si può mancare, è quello dedicato a Vittorio Emanuele II, il primo re d’Italia, che sorge, imponente e maestoso, al centro della piazza, tra uno svolazzare di piccioni e una marea di turisti che si riposano ai suoi piedi. Quante volte l’abbiamo visto? Forse lo diamo tutti un po’ per scontato, ma anche lui ha le sue belle storie da raccontare.
Il monumento dedicato al Re Galantuomo venne commissionato nel 1878 allo scultore Ercole Rosa da re Umberto I, che intendeva in tal modo celebrare la morte del padre. Ercole Rosa, figlio di un povero scalpellino marchigiano, si era formato a Roma da autodidatta copiando i modelli classici. Fervente patriota, di ritorno dal campo di battaglia di Mentana vinse il concorso per il monumento ai Fratelli Cairoli (tuttora al Pincio) che gli diede larga fama e spianandogli la strada alla commissione per il monumento a Vittorio Emanuele. Il Rosa si trasferì dunque a Milano dove lavorò alla nuova creazione per ben dodici anni ma senza la soddisfazione di vederla finita. Morì infatti a soli 47 anni, dopo una breve malattia, e il lavoro fu completato dai fratelli Barzaghi, titolari della Fonderia Napoleonica dove la statua era in lavorazione. A dire il vero durante la lavorazione non si era nemmeno sicuri di dove sarebbe stata piazzata esattamente. Se nei pressi di Palazzo Reale o in centro alla piazza del Duomo, ma infine la scelta ricadde su quest'ultima collocazione.
In ogni caso il trasporto in loco del monumento è una storia a sé. La Fonderia Napoleonica era, ed è tuttora, situata all’Isola, il quartiere così denominato appunto perché “isolato” dal centro. Da una parte c’era il Naviglio e dall’altra la ferrovia. Caricare quasi 13 tonnellate di piombo su una barca era impensabile, e quindi si pensò di costruire un ponte sopra la ferrovia. Detto fatto, ma i muli addetti al trasporto del carro non ce la facevano proprio a salire sul ponte, si rifiutavano… Insomma, un problema mica da ridere. La soluzione arrivò per fortuna da un vicino di fabbrica, la Gondrand, che allora fabbricava ghiaccio, ma che aveva nel frattempo inventato un nuovo sistema di trasporto - l’ancoraggio - scoperta che la trasformerà poi nel leader mondiale dei trasporti. E fu grazie a questo trasporto innovativo che la statua poté essere trasportata sino in piazza Duomo.
Il monumento in bronzo, molto plastico, ritrae Vittorio Emanuele nell'atto di frenare improvvisamente il cavallo per voltarsi a incitare i suoi soldati prima dell'attacco alla baionetta nella battaglia di San Martino. È posto su di un basamento in granito rosso sul quale si innalza un piedistallo in marmo di Carrara decorato con un rilievo che raffigura l'ingresso delle truppe piemontesi a Milano dopo la battaglia di Magenta. Alla base due possenti leoni sdraiati appoggiano ciascuno una zampa su una targa con inciso i nomi “Roma” e “Milano”, in riferimento alle grandi conquiste del Risorgimento.
Ma anche la storia più recente del monumento riporta un paio di divertenti curiosità. La prima risale al 1970 quando l’artista bulgaro Christo, non ancora assurto a gloria internazionale, per la sua prima performance italiana scelse di impacchettare di par suo proprio la statua di Vittorio Emanuele. Apriti cielo! Grandissimo fu lo scandalo (altro che le palme!) tanto che un’Associazione di ex combattenti riuscì in poco tempo a far rimuovere l’oltraggio.
Ma non è ancora finita. Una decina di anni fa, e siamo nel 2012, gli addetti al settore Arredo Urbano del Comune hanno scoperto una sequenza di stanze segrete proprio sotto la statua. Un labirinto di corridoi con le volte in mattoni pieni, un pozzo per la raccolta dell’acqua piovana e sette vani. Completamente cancellati dalla storia urbanistica, dimenticati dagli archivi, quei sotterranei sono riemersi solo quando si iniziò a condurre accertamenti sulla staticità della statua del cavallo. Incidendo il porfido, i restauratori aprirono un varco e, proprio come gli archeologi dell’antico Egitto, riportarono alla luce un pezzo nascosto di storia cittadina. Che, purtroppo, non mi risulta per il momento visitabile dai comuni cittadini.
Cittadini che però possono tranquillamente godere di un paio di significative sculture d’arte moderna volgendo le spalle alla Cattedrale prima di imboccare via dei Mercanti. Qui sono state infatti collocate due opere che fanno parte di quello straordinario “museo a cielo aperto” che sono le vie, le piazze e i parchi di Milano. Si tratta di due sculture di Pietro Consagra denominate “Giallo Mori” e “Nembro Rosato” dalle tonalità del marmo con cui sono state realizzate e sono perfette interpreti della bifrontalità e bidimensionalità utilizzate dall’artista per esprimere il ritmo drammatico della vita in un confronto diretto ed immediato con l’osservatore.
Di origine siciliana, Pietro Consagra, dopo aver vissuto esperienze formative e professionali a Roma, Parigi e New York ed aver raccolto riconoscimenti in tutto il mondo, scelse di stabilirsi a Milano dove venne a mancare nel 2005. Considerato uno dei maggiori rappresentanti dell’astrattismo internazionale, le sue opere sono esposte nei più importanti musei di tutto il mondo, dal Moma di New York all’Ermitage di San Pietroburgo, dal Centre Pompidou di Parigi al Museo delle Belle Arti di Buenos Aires.
Ma a noi basta passeggiare per piazza Duomo!
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