"I FATTI SIGNORI MIEI, NON SON ALTRO CHE I FATTI"
Il centro di Milano è disseminato da palazzi seriosi ed imponenti, in gran parte d’ispirazione neoclassica, e risalenti a metà Ottocento quando Milano celebrava il suo Rinascimento ed ambiva al titolo di capitale industriale, finanziaria e morale del Paese. Direi che nei primi due casi c’è riuscita e, quanto al terzo, se ne può parlare. Era il tempo in cui la nuova borghesia emergente, sia nelle case private ma soprattutto nelle sedi aziendali, voleva esprimere forza ed autorevolezza, e agli architetti veniva lasciato poco spazio, almeno esternamente: la loro creatività la potevano riservare agli interni dove venivano ammessi gli ospiti e gli addetti agli affari aziendali.
Fu questo il caso di Palazzo Edison, l’austero e maestoso edificio al 31 di Foro Bonaparte, ancor oggi ad ingresso riservato se non per visite speciali e mostre d’arte.
Peccato, perché alla seriosità dell’esterno si contrappongono fantasiosi ed artistici ambienti interni con tante belle cose da vedere e stimolanti storie da raccontare. La costruzione del palazzo venne deliberata nel 1890 per conto della Società per le Strade Ferrate del Mediterraneo con la raccomandazione che il nuovo fabbricato dovesse sorgere “…con una razionale grandiosità di stile, senza eccedere quei limiti che un’azienda industriale non deve mai perdere di vista”. Insomma, libertà sì, ma con equilibrio. I lavori vennero alacremente portati a termine nel giro di 15 mesi.
L’architetto incaricato fu Enrico Combi, che era anche ingegnere e che mise mano, tra l’altro, ai Giardini Pubblici di corso Venezia, al Palazzo della Stagionatura delle Sete in via Solferino e a Palazzo Turati di via Meravigli. Insomma, uno ben inserito nell’establishment industriale, ma anche con una frequentazione dell’Accademia delle Belle Arti di Brera. Ecco quindi che, nel palazzo di Foro Bonaparte, si passa dalla tradizione della facciata neoclassica e dell’atrio, per accedere ad uno spettacolare salone in puro stile déco che immette allo scalone principale in marmo di Carrara con bellissime balaustre in ferro.
E qui bisogna guardare in alto perché ciascuna delle volte, di nuovo in perfetto stile déco, è composta da 18 mila pezzi di vetro colorato per un peso complessivo di 20 quintali e 550 metri quadrati di superficie. Da notare inoltre l’interessante e curioso sistema di areazione che permette di regolare le finestrelle lungo tutta la corona. Un’opera monumentale realizzata dalla ditta Corvaya-Bazzi&C. di Milano.
Un altro scorcio piuttosto insolito lo si può trovare nella tutto sommato seriosa Sala del Consiglio del secondo piano dove, addossata ad una parete dietro l’imponente tavolo per le riunioni, spicca una delle rarissime fontane interne della città (un’altra, molto più leziosa, la ricorderete all’ingresso del Poldi Pezzoli). Questa, in marmo verde, è a muro e riporta sul bordo la laude di San Francesco dedicata all’acqua “Laudato si mi Signore per sora acqua la quale è molto utile et umile et preziosa et casta”. Molto verosimilmente risulta che, oltre ad avere una funzione decorativa, l’acqua della fontanella servisse ad assorbire il fumo dei sigari e delle sigarette consumati nel corso delle riunioni.
Dopo una ventina d’anni dalla sua costruzione, ed esattamente nel 1923, il palazzo venne acquistato dalla Società Generale Italiana Edison di Elettricità che ne fece la propria sede centrale, ed infatti ancor oggi, un po’ dappertutto, si trovano fregi, busti e testimonianze della nuova destinazione “elettrica” dell’Azienda che illuminò Milano, compresa la prima dinamo Edison della città. Ed è qui che si innesta la storia di un grande protagonista della vita imprenditoriale milanese, uno di quei personaggi oggi pressoché dimenticati ma che hanno fatto grande Milano e che mi sembra valga la pena di raccontare.
Mi riferisco all’ingegner Giuseppe Colombo, milanesissimo, che fu tante cose oltre che imprenditore: fu patriota garibaldino, politico, dirigente d’azienda e accademico, Presidente della Camera, Ministro delle Finanze e del Tesoro, Senatore, scrittore, pittore, alpinista, buon rematore e ciclista, consigliere comunale di Milano, Rettore del Politecnico, Presidente del Credito Italiano, Consigliere del Touring… e ho senz’altro dimenticato qualcosa. Come docente al Politecnico formò allievi del calibro di Giovanni Battista Pirelli (leggi impero della gomma) ed Enrico Forlanini (pioniere dell’aviazione da cui il nome dell’aeroporto di Linate). E ancor oggi la statua a figura intera di Colombo cerca di ispirare gli allievi dal cortile d’ingresso dell’ateneo di piazza Leonardo da Vinci. Il suo “Manuale dell’Ingegnere” apparve per la prima volta nel 1878 e, nelle numerose edizioni aggiornate ed ampliate, è tuttora in pubblicazione nella collana dei manuali Hoepli. E tanto per dare un’idea dell’integrità del personaggio, come politico Colombo si dimise dalla carica di Ministro delle Finanze per non venir meno alla promessa fatta ai suoi elettori di non applicare nuove tasse, nonostante fosse consapevole che la sua scelta avrebbe riportato al Governo il partito avversario. Insomma, proprio come oggi!
Ma Colombo era soprattutto un imprenditore lungimirante, che quando nel 1881 si recò in visita alla Mostra Internazionale dell’Elettricità di Parigi venne “fulminato” – è il caso di dirlo – dalle scoperte di Thomas Edison e tanto fece per ruffianarselo e diventarne amico che si guadagnò un invito a New York per l’inaugurazione della prima centrale elettrica al mondo. Qui Edison si rese conto del valore del suo nuovo amico italiano e gli concesse l’esclusiva del sistema Edison per l’Italia. Fu così che, nel giugno di un paio d’anni dopo, in via Santa Redegonda, in una palazzina che più tardi ospiterà il cinema Odeon, venne inaugurata la prima centrale elettrica dell’Europa continentale (c’è una targa commemorativa). E le luci di Milano, da piazza Duomo alla Galleria, fino a piazza della Scala, si “accesero” magicamente nel tripudio generale. L’esperimento fu un tale successo che venne immediatamente esteso anche all’interno della Scala, sino ad allora illuminato a gas con i conseguenti problemi di aria maleodorante degli ambienti chiusi. Dopo pochi anni la Edison conquistava anche l’appalto di elettrificazione per tutte le linee di trasporto urbano che, da ippovie, si trasformarono negli antenati dei moderni tram e metropolitane. Il resto è storia.
Privatamente l’ing. Colombo visse una grave tragedia famigliare. Sposato felicemente con Carolina De Luigi, che aveva conosciuto nel salotto della contessa Maffei, ebbe due figlie, Federica e Amalia. La maggiore andò sposa al conte Giuliano Corniani di Brescia, ma morì improvvisamente durante il viaggio di nozze in Spagna. Dopo qualche anno la figlia Minore, Amalia, sorella di Federica, si sposò con il vedovo cognato (allora era pratica piuttosto diffusa restare in famiglia) e per fortuna dalle nuove nozze nacquero tre nipoti molto amati che contribuirono alla serenità dell’uomo che letteralmente “accese” Milano.
Giuseppe Colombo morì improvvisamente d’infarto, una domenica mattina del gennaio 1921, nella sua casa di via Montenapoleone 22. Sulla sua tomba al Cimitero Monumentale sono state impresse le parole dedicategli dal suo amico Edison: “Colombo appartiene alla categoria di quelle nature serie, destinate a lasciare un’impronta personale ovunque si trovino e qualsiasi cosa facciano. Come certi eroi di Charles Dickens, il Colombo può dire: I fatti signori miei, non sono altro che i fatti!”.
Questa è l'ultima puntata per questa stagione, ma nei prossimi mesi ci saranno altre novità per A spasso con Wilma!
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