DOV’È IL CAMPANILE PIÙ ALTO DI MILANO?
Oggi mi lancio in una mission impossible: stupire le native e i nativi milanesi con due piccole storie lungo un brevissimo camminamento (non oso nemmeno definirlo passeggiata) che avranno fatto centinaia di volte. Propongo cioè un passeggio da San Babila al Duomo lungo corso Vittorio Emanuele. Chi non l’ha mai fatto?
La prima tappa è piazza San Carlo con relativa chiesa. Vabbè, l’avrete vista tutti, ma ci siete mai entrati? E sapete che il suo campanile è il più alto di Milano ma non si vede? Provate a mettervi di fronte alla facciata e sappiatemi dire.

Ma andiamo per gradi. La basilica attuale, perché di basilica trattasi, è stata costruita nel 1838 in sostituzione dell’antica chiesa e convento medievali di Santa Maria dei Servi, distrutti dal solito Napoleone. Autore della ricostruzione è l’architetto monzese Carlo Amati e, tanto per cambiare, la nuova chiesa fu realizzata in ringraziamento del termine di un’epidemia di colera. Proprio per questa ragione venne dedicata a San Carlo Borromeo, il grande vescovo milanese che si era tanto occupato delle famose epidemie di peste del Cinquecento. A Milano le epidemie, purtroppo, non sono mai mancate.
L’Amati si ispirò chiaramente al neoclassicismo tenendo in mente come riferimento il Pantheon romano e la chiesa di piazza del Plebiscito a Napoli. L’esterno della chiesa risalta così per un colonnato frontale, che si estende ai lati formando una piazza quadrata aperta su corso Vittorio Emanuele, e composta da 36 grandi colonne corinzie in pietra di Baveno. L’interno è altrettanto imponente. L’altare maggiore, salvato chissà come, è quello della chiesa originale del ‘300, mentre l’arditissima cupola a tutto sesto risulta essere un capolavoro d’ingegneria: 36 m. di altezza per 32 di diametro senza armature. Speriamo che stia su! La decorazione di tutto l’ambiente, compresi i numerosi altari laterali, è quasi interamente statuaria, in linea con lo stile neoclassico dell’edificio. Da ammirare due armoniosissime acquasantiere in marmo che hanno la forma di gigantesche valve d’ostrica.

Ma veniamo al campanile invisibile. Nel corso della mia prima visita sapevo della sua esistenza ma non avevo idea di come scovarlo. Incrocio però un signore mooolto anziano addetto alla vendita dei ceri e (scusate la battuta!) chiedo lumi. Il vecchio signore (probabilmente un membro della confraternita dei Serviti che ha tuttora in cura la basilica) è totalmente sordo e devo ripetere tre volte a voce alta le mie richieste, creando un certo imbarazzo tutt’attorno. Alla fine però ci capiamo, e lui mi indica molto cortesemente una porticina sotto il pulpito che, abbassata la maniglia, risulta aperta. Percorro un breve corridoio, trovo un’altra porta (attenzione a fermarla con l’apposito marchingegno altrimenti si resta chiusi fuori) e mi ritrovo in un piccolissimo cortiletto pieno di verde da cui svetta un imponente campanile, assolutamente invisibile da corso Vittorio Emanuele. È il famoso campanile nascosto di san Carlo: è alto 84 metri ed è dotato di un celeberrimo concerto di campane. Pare che il maestro Arturo Toscanini, che abitava lì vicino in via Durini, solesse recarsi ai bastioni di Porta Venezia per meglio ascoltare il suono delle campane di San Carlo. Se volete potete andare anche voi alla scoperta.
Lasciamo ora San Carlo e proseguiamo per un centinaio di metri lungo il corso sino all’altezza del numero 13. Qui, tra due vetrine di un negozio di moda, ha trovato rifugio l’omm de preja, cioè l’uomo di pietra, una statua del III° secolo dopo Cristo che probabilmente raffigurava un alto magistrato ai tempi di Cicerone.
L’avete mai notata? Eppure è a suo modo famosa ed ha una lunga e travagliata storia da raccontare.
Innanzi tutto il nome. Per i milanesi DOC la statua ha un nome ben preciso: el scior Carrera, che gli deriva dall’inizio della sottostante epigrafe latina “Carere debit omni vitio qui in alterum dicere paratus est” cioè più o meno “D’ogni difetto deve essere esente chi si prepara a sparlar della gente”. Fatto sta che alla statua, chiunque volesse rappresentare, nell’alto medioevo viene cambiata la testa sostituendo l’originale con l’effige del vescovo milanese Adelmanno Menclozzi, paladino dei poveri e morto nel 956.
Diventato vescovo, el scior Carrera viene trasportato nella chiesa di San Giorgio in via San Pietro all’Orto (allora Milano pullulava di chiese). Prima all’interno, ma poi spostato sul sagrato per far piacere ai Menclozzi che avevano i loro palazzi lì intorno. Ma poiché pare che la statua intralciasse il traffico, qualche secolo dopo fu trasferita all’imbocco della Corsia dei Servi e qui diventò il glorioso portavoce delle Cinque Giornate di Milano. Come il Pasquini, la statua parlante di Roma, el scior Carrera raccoglieva le invettive del popolo contro i dominatori austriaci. Del tipo “Se la va de ‘sto pass, bisogna che me moeva anche ben che son de sass!”, cioè lotta dura se dovevano muoversi anche le statue! E le invettive centravano spesso il bersaglio, come quando, nel capodanno del 1848, annunciarono il primo sciopero, quello dei sigari, il fuoco alla miccia che farà scoppiare le Cinque Giornate. L’ultimo trasloco della statua risale al 1957 quando dalla Corsia dei Servi venne trasportato sotto i portici di corso Vittorio Emanuele, dov’è tuttora, e dove è assolutamente ignorato dalla folla impegnata nello shopping.
Mi auguro che almeno voi, la prossima volta che gli passerete davanti, gli renderete il dovuto omaggio.
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