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Immagine del redattoreWilma Viganò

Corso Garibaldi - 2

Aggiornamento: 11 ott 2021

SU E GIU’ PER IL CORSO


Bentrovati in corso Garibaldi.

Ci eravamo lasciati la scorsa settimana nella piazza di San Simpliciano e da lì riprendiamo la nostra passeggiata prestando attenzione ai portoni sulla destra, soprattutto quelli del numero 34 e 38. Se sono aperti vi consiglio di entrare e vi ritroverete, come per magìa, nella Milano dei secoli scorsi, con le sue strettoie, i vicoletti, le case di ringhiera, gli acciottolati… un tempo vie di fuga predilette da malviventi e ladruncoli che li conoscevano a menadito e lungo i quali riuscivano a far perdere le proprie tracce.

Corso Garibaldi - Contrada del passètt - Wilma Viganò

Al 34 possiamo ammirare quella che fu la ciminiera della Fornace degli Angeli, mentre al 38 si apre una strettoia, la contrada del passètt, che fungeva da direttissima da corso di Porta Comasina alla basilica. Secondo un’antica carta il Passetto sembra aver avuto origine da un ponte sul Nirone (il corso d’acqua che attraversava Milano in epoca romana) e dagli scalini del ponte detti “passelli”.

Ma il 38 è il numero civico moderno. Quello più antico è il 2024 che troviamo ben inciso sulla pietra sopra il portoncino e che risale al 1787 quando si procedette alla prima numerazione degli edifici cittadini. I numeri civici erano allora soprannominati “teresiani”, perché installati durante il regno di Maria Teresa, e vennero definitivamente dismessi nel 1866. Assegnati secondo un sistema progressivo unico, partivano da Palazzo Reale che era il numero 1, e proseguivano in senso circolare a spirale, dal centro verso la periferia, sino al 5314.

All’interno del portoncino si apre una successione di splendide corti, dal sapore prettamente meneghino, con tanto di case di ringhiera oggi perfettamente restaurate. Lungo il percorso, testimonianze del tempo passato: un paio di angioletti scolpiti nella pietra – reperti di chissà quale oratorio – panchine scolpite a mano e fontanelle condominiali di quando l’acqua bisognava scendere a prendersela in cortile.

Via Tommaso da Cazzaniga - Casa degli Artisti facciata - Wilma Viganò

Continuiamo sempre per corso Garibaldi e, dopo pochi passi all’altezza del numero 89, sulla sinistra, troviamo una vietta, via Tommaso da Cazzaniga dove possiamo ammirare la Casa degli Artisti. L’istituzione ha 110 anni ma non li dimostra anche perché è reduce da un robustissimo lifting. Ennesimo esempio di mecenatismo alla milanese, fu “inventata” oltre un secolo fa da due fratelli amanti dell’arte, i Bogani, che misero a disposizione questo spazio ad uso di scultori, pittori e fotografi che gravitavano attorno a Brera. Negli anni ‘30 divenne proprietà comunale, ma la sua stagione d’oro fu negli anni ’70 quando un gruppo d’artisti e intellettuali ne fece un luogo d’incontro intergenerazionale. Esperimento di grande successo che proseguì per una decina d’anni finché, sul finire degli anni ’80, al piano terra si stabilì il Centro Sociale Occupato Garibaldi. La convivenza con gli artisti non fu facile, il degrado prese piede e nel 2007 venne ordinato lo sgombero dei locali perché l’edificio, mai ristrutturato, era diventato pericoloso. Poi buco nero sino al 2015 quando il Municipio 1 avvia la riqualificazione grazie agli oneri di urbanizzazione ricavati per la costruzione di un altro edificio.

Il palazzo, già a suo tempo realizzato in cemento armato e ferro, fu uno dei primi edifici di stile razionalista in Italia. Oggi si ripresenta, dopo il lifting, reinterpretato in un biancore accecante ulteriormente illuminato dalle grandi vetrate. 1250 metri quadrati complessivi che comprendono un bel giardino e pergolato sul retro, ideale per incontri e manifestazioni. All’interno, il piano terra ospita a rotazione mostre e installazioni, mentre ai piani superiori sono previsti 11 atélier a disposizione di artisti che non dovranno pagare un affitto ma un semplice contributo per spese e utenze. In compenso dovranno rendere gratuitamente visibili le loro opere. E’ previsto anche uno spazio per la ristorazione e un book & design shop che, con la partecipazione degli artisti residenti, dovrebbe diventare il cuore pulsante della Casa. Auguri!

Ma non è finita! Il portone sul fianco sinistro della Casa si apre su un piccolissimo e sconosciuto giardino pubblico: l’Oasi 2030, un’iniziativa del WWF - che qui ha la sua sede - e l’Università di Pavia, che ne hanno fatto, come si legge sul cartello di benvenuto, “uno spazio di biodiversità urbana per una cultura della convivenza e della sostenibilità”. Assolutamente da visitare!


Proseguiamo per corso Garibaldi fin che incrociamo via Moscova in largo La Foppa, che si è aggiudicato il nome per via di una leggera depressione del terreno. Il monumento al centro, un’imponente figura in bronzo seduta, è dedicato a Giovan Battista Piatti, e sono certa che la maggior parte degli ascoltatori si chiederà: “Piatti? Chi era costui?” Beh, era un ingegnere e a lui si deve l’invenzione del martello pneumatico. Sembra poca cosa, ma pensate un po’ cos’era un tempo scavare le gallerie nelle montagne prima di questa invenzione? E fu grazie alla sua intuizione che, nel 1871, si aprì il traforo del Fréjus per collegare l’Italia alla Francia.


Ma andiamo avanti per corso Garibaldi e, dopo pochi passi raggiungiamo l’ultima tappa della nostra passeggiata: la chiesa dell’Incoronata o “chiesa doppia”, come viene familiarmente definita. Io la definirei “chiesa matrimoniale”, considerata la sua storia e il profilo della facciata che ricorda la testata di un letto matrimoniale.

Al solito, in età comunale, al suo posto c’era una chiesetta dedicata a S. Maria di Garegnano. Nel ‘400 arrivarono i Padri Agostiniani e si costruirono a fianco un convento, ampliarono la cappella e, nel 1451, in occasione dell’incoronazione di Francesco Sforza a Duca di Milano gliela dedicarono. Da cui il nome Incoronata. Ma la moglie di Francesco, che faceva Visconti di cognome, non volle essere da meno e, dopo una decina d’anni, ne fece costruire praticamente una copia, sul lato destro, volendo con ciò suggellare pubblicamente la sua fedeltà al marito e l’unione delle due grandi famiglie, cioè i Visconti e gli Sforza.

Nei secoli la chiesa è stata trasformata in magazzino, lazzaretto, caserma, carcere e persino scuola di agraria, prima di tornare ad essere luogo di culto. L’interno è relativamente piccolo, semplice e raccolto. Stona un po’ l’altare maggiore di sinistra (un barocco ottocentesco), mentre quello di destra onora un crocefisso con un “povero Cristo” che più povero di così non si può... È infatti senza braccia, un dettaglio che d’acchito sfugge, abituati come siamo a vedere quello che ci aspettiamo di vedere e non a guardare con criticità. Su una parete del battistero, appena entrati a sinistra, c’è quel che resta di un affresco originale del Bergognone che raffigura Cristo sotto il torchio, cioè un richiamo al vino che si trasforma in sangue di Cristo nell’Eucarestia, un soggetto che pare sia un unicum nella storia dell’arte mondiale. Sul lato opposto c’è invece la cappella cosiddetta “dei Mercalli” per via che ospita le spoglie di Gaetano Mercalli, prevosto a fine ‘800 dell’Incoronata, e soprattutto di suo fratello Giuseppe, scienziato, inventore della celeberrima scala sismica, la Scala Mercalli appunto.

Corso Garibaldi - Chiesa dell'Incoronata, chiostro - Wilma Viganò

Accanto alla chiesa due chiostri, uno piccolo e uno grande, quest’ultimo però visitabile solo su appuntamento, così come la Biblioteca Umanistica Agostiniana del 1487 recentemente restaurata e, dicono, bellissima. Se però volete sbirciare dall’alto, basta salire al quarto piano del cinema Anteo, lì a fianco, e comparirà anche il campanile che, come molti campanili di Milano, è praticamente invisibile dalle vie di percorrenza.

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