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  • Immagine del redattoreLaura Invernizzi

C'è del crimine in Danimarca

Dopo Islanda, Svezia, Norvegia e Finlandia proseguiamo il nostro viaggio alla scoperta del Nordic Noir in Danimarca.

In realtà sarei dovuta partire da qui perché la definizione ha iniziato ad essere utilizzata proprio per definire alcuni titoli danesi. Ne parla sempre il video introduttivo del corso di Detect già citato spesso qui e che trovate sul EDX: Euro Noir: identità transculturali nelle narrazioni criminali popolari europee.


Da un punto di vista dei contenuti, Nordic Noir aveva poco senso quando la distribuzione inglese ha commercializzato il dramma familiare The Legacy come Nordic Noir, ma da una prospettiva di branding più pragmatica il lancio ha avuto molto più senso, dal momento che la scia di Nordic Noir ha portato con sé un'ampia selezione di titoli rinominati in questo modo.

La copertina del DVD danese ha accentuato la combinazione di colori giallo-rosso della scenografia della serie, mentre quella del DVD distribuito in UK era blu-grigia che funzionava come un chiaro riferimento allo schema di colori del Nordic Noir piuttosto che ai toni di colore della serie originale. The Legacy è stato etichettato come Nordic Noir, ma la trama non aveva nulla a che fare con le narrazioni criminali.


Riporto velocemente alcuni concetti espressi nella puntata Nero Ghiaccio – che comunque vi consiglio di ascoltare - prima di passare ad analizzare alcune serie TV danesi.


Nordic Noir: come contenuto stilistico e narrativo, ambientato in un contesto specificamente nordico, come riferimento alla stampa popolare per le narrazioni poliziesche nordiche, come modello di branding per la distribuzione di nuovi titoli.

Titoli che poi danno vita a remake (quasi più conosciuti degli originali, non per una questione di qualità, quanto per una migliore distribuzione e pubblicità).


Parto da Forbrydelsen, The Killing (anche se la traduzione letterale sarebbe The Crime). La serie è andata in onda tra il 2007 e il 2012, 3 stagioni per un totale di 40 episodi.

La vice commissaria Sarah Lund attende con impazienza il suo ultimo giorno alla polizia di Copenaghen. Sta per trasferirsi in Svezia, ma tutto cambia quando una donna di 19 anni scompare e poco dopo ne viene ritrovato il corpo. Insieme al suo collega, l'assistente investigativo Jan Meyer, deve condurre le indagini poiché diventa subito chiaro di essere di fronte ad un assassino pericoloso e scaltro.

Questa indagine si imbatte in un politico locale nel mezzo della sua campagna elettorale per diventare il nuovo sindaco di Copenaghen…alcune prove sembrano portare a lui.

La serie è nota per il fatto che gli spettatori puntata dopo puntata abbiano avuto motivo di sospettare della colpevolezza di quasi tutte le persone coinvolte.

Non solo, l’autore della serie - Søren Sveistrup - ha anche rifiutato di rivelare l'identità dell'assassino o anche punti specifici della trama ai membri del cast, inclusa l’attrice protagonista Sofie Gråbøl (anche se a lei è stato rivelato di non essere l’assassina).

Trama avvincente e ottima accoglienza del pubblico tanto da meritarsi non solo la distribuzione in numerosi paesi (in Italia Rai 4 e fino allo scorso anno pare fosse disponibile su Netflix) ma anche un remake americano col titolo di The Killing.

Le prime due stagioni seguono più o meno un omicidio simile a quello della versione originale. Siamo a Seattle e la nostra protagonista – l’attrice Mireille Enos - si chiama Sarah Linden (ma il più delle volte la sentiremo chiamare Yo Linden) dal collega Stephen Holder interpretato da Joel Kinnaman. La serie - di cui ho accennato nella puntata 14 de Il divano chiama - è stata contrassegnata da cancellazioni e “salvataggi” arrivando ad essere prodotta da Netflix (4 stagioni totali che paradossalmente non si trovano più qui, ma su Disney+)

Curiosità, nonostante si sia cercato di “creare un mondo diverso dalla serie danese” (e devo dire che rispetto ad altri remake - di cui vado a tra poco - ci sono riusciti) saltano agli occhi non solo i nomi simili, ma anche i maglioni indossati dalle protagoniste. E la presenza dell’attrice Sofie Gråbøl in un episodio.

Esiste anche un remake turco.


A proposito di remake, altro titolo chiave Broen/Bron serie danese-svedese del 2011, conclusasi nel 2018 dopo 4 stagioni/38 episodi. Anche in questo caso troviamo una donna a capo delle indagini e un omicidio al confine. Il corpo di una donna viene trovato tagliato a metà nel mezzo del ponte di Øresund. In realtà le vittime sono due: una politica svedese e una prostituta danese.


Non ho visto la serie originale, ma i due remake. The Bridge che si svolge al confine tra gli Stati Uniti e il Messico, i corpi vengono infatti rinvenuti sul ponte che collega la città texana di El Paso e Ciudad Juárez. Nei panni della detective Sonya Cross, Diane Kruger. La serie conta di due stagioni da 13 puntate ciascuna, andate in onda in Italia su Fox nel luglio 2013.


The Tunnel/Le Tunnel è invece la versione franco-inglese. La trama segue i due investigatori che lavorano insieme per trovare un serial killer che ha lasciato la metà superiore di un politico francese e la metà inferiore di una prostituta britannica nel Tunnel sotto la Manica nel punto intermedio tra Francia e Regno Unito.

Sono state prodotte 3 stagioni tra il 2013 e il 2017. Il limite dei remake è il voler mantenere la stessa storia annoiando quindi lo spettatore che magari ha già visto la serie originale (nel mio caso The Brigde prima di The Tunnel). Nessuno dei titoli citati è attualmente disponibile in Italia.


Stesso titolo ma contenuti diversi per Den som dræber

La serie del 2011 vede protagonista Katrine Jensen, brillante detective dall’infanzia difficile che si trova ad indagare su quanto accaduto ad una donna ritrovata sepolta in una foresta. Avendo intuito si tratti di qualcosa di rituale, chiede la consulenza di un psicologo Thomas Schaeffer, che aveva già lavorato per la polizia (infatti il capo della sezione omicidi non è particolarmente d’accordo su questa scelta). La serie conta di 10 episodi (5 casi) e un film conclusivo. Su Now si trova tradotto come Loro uccidono - Sepolte Vive.


Nel 2014 è arrivato il remake americano - Those Who Kill - ambientato a Pittsburgh con protagonista Chloë Sevigny. I personaggi hanno mantenuto i nomi della serie originale, ma la trama è diversa. La serie è stata cancellata dopo una stagione.


Si torna nuovamente in Danimarca perché nel 2019 arriva Den som dræber/ Darkness: Those Who Kill (2 stagioni da 8 episodi ciascuna).

Nella prima troviamo l’ispettore Jan Michelsen alle prese con la scomparsa avvenuta 6 mesi prima di una ragazza. Essendo arrivati ad un vicolo cieco la polizia gli toglie il caso, ma lui prosegue comunque le ricerche scoprendo similitudini con altri cold case. Viene quindi coinvolta una profiler, Louise Bergstein per capire il modus operandi del serial killer. Come nella serie del 2011 anche lei è titubante a tornare a lavorare con la polizia dopo una consulenza finita male.

Il caso copre tutta la prima stagione, e lo stesso avviene per la seconda, anche se in questo caso ritroviamo solo Louise Bergstein. È presente anche Tobias Santelmann, attore norvegese protagonista di Grenseland – Terra di confine di cui ho parlato nella scorsa puntata.

Anche questa serie si trova su Sky/Now sempre col titolo Loro uccidono (le prime due puntate usano anche il termine Darkness).


Tra le recenti invece segnalo L’uomo delle castagne uscita su Netflix lo scorso anno. È tratta dal romanzo d'esordio di Søren Sveistrup, lo sceneggiatore di The Killing.

Vi leggo la sinossi: in un tranquillo sobborgo di Copenaghen, la polizia fa una scoperta macabra: una giovane donna brutalmente assassinata e senza una mano. Accanto al corpo, un omino fatto di castagne. Il caso è assegnato alla detective Naia Thulin e al suo nuovo partner Mark Hess. La coppia ben presto scopre sull'oggetto una prova misteriosa che lo collega a una ragazza scomparsa un anno prima e creduta morta, la figlia della politica Rosa Hartung.


Concetta Moschetta su Hall of Series scrive: il racconto non punta sulla dinamicità e su una successione precipitosa di eventi, al contrario, è più introspettiva ed evocativa attraverso la scelta di lasciare spazio a lunghi silenzi o di mostrare ampie panoramiche delle foreste della Danimarca nel mezzo dell’autunno.


Ritroviamo quindi molti elementi comuni sia nelle serie descritte in questa puntata che in Nero Ghiaccio e che definiscono il Nordic Noir: gli approfondimenti sulla vita privata degli agenti di polizia (spesso personaggi femminili forti) si traducono in una maggiore attenzione alla casa dell'investigatore, il suo calvario personale il ritmo seriale narrativo lento, le immagini della natura e del paesaggio e i testi, i temi e le partiture cupi si accumulano essenzialmente in uno stato d'animo e un'atmosfera particolarmente malinconici.


Sono decisamente esplicite anche nel mostrare i corpi senza vita e le violenze subite quindi l’ultima serie che vi voglio raccontare rappresenta qualcosa di molto diverso non solo da quello che vi ho raccontato sul Nordic Noir, ma del crime in generale.


The Investigation serie suggerita – come ho detto sul finale della scorsa puntata - da Alessandra, (che ringrazio ancora per questa bella scoperta). Le premesse da lei descritte mi hanno da subito incuriosita: recitazione, fotografia, modalità del racconto.

Tratta la storia vera de Il giallo del sottomarino, l’omicidio della giornalista Kim Wall scomparsa dopo essere stata ospite di Peter Madsen nel suo sommergibile tascabile l’8 agosto 2017.


La vicenda – come spiega Apnews in un articolo – si prestava ad essere un true-crime classico, ma il regista e scrittore non era dello stesso avviso.

Come capita spesso anche da noi, il caso e le indagini generarono sui giornali numerosi articoli e storie acchiappaclick per la tipologia del reato e le modalità del ritrovamento del cadavere. Non dico altro per non fare spoiler anche se forse qualcuno si ricorda del caso seguito anche in Italia.

La particolarità di The Investigation, come anticipa il titolo, è il fatto che si concentri sul lavoro investigativo che porta all’incriminazione e condanna di Madsen che non viene mai menzionato per tutta la serie e nemmeno visto, ci sono solo riportate le sue dichiarazioni. Nessuna foto di Kim Wall, viene mai mostrata, nemmeno nei ricordi dei genitori che seguono da vicino le indagini stringendo un legame forte con Jens Møller, investigatore capo.

Niente è visibile, le espressioni dei protagonisti sono appena accennate, c’è molto silenzio, ma si percepisce da un lieve sorriso la soddisfazione della detective Maibritt Porse quando l’indagine arriva ad una svolta. Una serie che si racconta per sottrazione se mi passate l’espressione.


Ho fatto binge watching (sono 6 episodi) e in nessun momento mi sono annoiata per il fatto non ci fosse un’azione o non vedessi di più.

Siamo talmente abituati a vedere, toccare quasi con mano cose che non dovrebbero arrivare ai nostri occhi – parlo di cronaca nera e dettagli raccapriccianti – che sembra sia scontato. Forse paghiamo lo scotto di guardare serie così esplicite tanto da voler poi nella vita reale fare la stessa cosa, arrogandoci il diritto di sapere tutto (e vederlo coi nostri occhi al limite della morbosità).

Scusate la nota polemica, ma chi mi segue da molto sa che il tema (giornalismo diritto di sapere/ dovere di informare) mi è caro.


Tornando alla serie, si trova nel catalogo Sky.


Doveva essere – nella mia testa – una puntata più corta ma non è stato così, nonostante mi sia limitata a descrivere brevemente le serie senza entrare troppo nel dettaglio, ma mi auguro di avervi fornito anche grazie agli estratti dal corso alcuni elementi per fare le vostre considerazioni sulle serie Tv nordiche e le caratteristiche che le accomunano.

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