Molti ricorderanno il brano “Sapessi com’è strano sentirsi innamorati a Milano…”.
Forse non aveva tutti i torti, ma resta il fatto che il bacio più famoso d’Italia è milanese e ci sono tante ragioni perché sia diventato tale.
Cominciamo dal suo autore, il pittore Francesco Hayez che andiamo a conoscere nel bel mezzo di piazzetta Brera, sul lato destro della pinacoteca, dove si erge la sua statua in bronzo che lo raffigura in posa piuttosto austera, con in mano una tavolozza di colori. Raffigurazione certamente fedele in quanto basata su un suo autoritratto conservato nella pinacoteca stessa.
Nato a Venezia sul finire del Settecento da famiglia poverissima (padre pescatore di origine francese, madre di Murano e quattro fratelli), si formò artisticamente prima nella sua città, grazie ad uno zio che trafficava nel mondo dell’antiquariato, e successivamente a Roma dove lavorò sotto la guida e protezione di Antonio Canova e dove venne influenzato dall’arte antica e rinascimentale, specialmente da Raffaello. Ma Hayez era anche un giovane piuttosto intemperante, e risulta che ad un certo punto sia stato messo in fuga dalla capitale da un marito inferocito.
Ma qualunque fosse la ragione, nelle sue “Memorie” Hayez definì il proprio arrivo a Milano come “il più bel momento” della sua carriera.
E Milano ebbe su di lui un effetto inaspettato. Nonostante qualche scappatella qua e là, entrò immediatamente a far parte del giro dei più fini intellettuali dell’epoca, dal Manzoni al Cattaneo, al Berchet, tanto da essere ancor oggi considerato tra i protagonisti indiscussi del Risorgimento e soprattutto della formazione dell’identità di un’Italia unita.
Come venne ricordato nell’elegia recitata in occasione dell’inaugurazione del monumento che stiamo ammirando
“Hayez tentò nell’arte ciò che il Manzoni, il Grossi, il Balbo e l’Azeglio vennero man mano facendo colle memorie storiche, col dramma, colla poesia e col romanzo”
Per il suo impegno politico e il suo indubbio talento gli venne ben presto assegnata la cattedra di pittura all’Accademia di Brera dove insegnerà per tutta la vita. Vita lunghissima per quei tempi (morì a 91 anni) nel corso della quale produsse oltre 80 capolavori, oggi disseminati nei musei di tutto il mondo, tra i quali i celeberrimi ritratti di Giacomo Manzoni, Cristina Belgiojoso, Gioacchino Rossini e Massimo D’Azeglio.
Ma il dipinto che l’ha reso famoso – tanto da diventare il simbolo stesso dell’Accademia e che vediamo più volte riprodotto in versione maxi sulla facciata dell’ingresso a Brera – è il manifesto del cosiddetto romanticismo storico.
Quello che appare infatti a prima vista come un bacio tra due amanti clandestini, è in realtà l’emblema del Risorgimento, un atto che parla di coraggio, passione e amore per una donna che molti uomini hanno amato e a cui molti hanno donato la vita: l’Italia.
Il nome completo del dipinto (l’originale, quello conservato nell’ultima sale di Brera e datato 1859) sarebbe “Il Bacio. Episodio della giovinezza. Costumi del secolo XIV” e venne commissionato all’artista (già un bel po’ in là con gli anni) dal conte Alfonso Maria Visconti di Saliceto che chiese al pittore un’opera che rappresentasse la volontà di emancipazione dall’invasore austriaco con l’aiuto del nuovo alleato francese. Poi tutti ci hanno visto quello che hanno voluto: forse l'attimo fuggente che racconta d'amore e di lotte per l'indipendenza… il carbonaro che saluta l'amata, chissà se si rivedranno… l'ombra minacciosa di qualcuno che li sta spiando… il pugnale sul fianco di lui… la piuma da cospiratore sul cappello… il piede sul gradino come pronto a fuggire da un momento all'altro… Insomma di tutto e di più.
L’opera ebbe sin dal suo apparire uno strepitoso successo e il pittore ricevette attestati di stima persino da Giuseppe Mazzini. Tant’è che Hayez ricevette altre commissioni per lo stesso soggetto e lui non si fece pregare, riproducendolo con variazioni più o meno visibili. Se poi si aggiunge il fatto che spesso non firmava le sue opere e nemmeno le datava correttamente (confondendo la data di produzione con quella di donazione), si capisce perché esista una certa confusione su quanti baci di Hayez siano in circolazione.
Certamente quattro, fors’anche cinque, di cui tre messi a confronto a Milano nella grande mostra a lui dedicata nel 2015 alle Gallerie d’Italia. In occasione della mostra si è infatti potuto confrontare l’originale di Brera con una seconda versione realizzata nel 1861, su commissione della famiglia Mylius, facilmente riconoscibile perché la ragazza indossa un abito bianco (che confrontato con il mantello verde e la calzamaglia rossa del giovane fa immaginare un’allegoria della bandiera italiana). Mentre la terza versione, appartenente oggi ad un collezionista privato, si distingue per il velo gettato sugli scalini, la bifora in posizione più centrale e la mezza colonnina alle spalle dei protagonisti. Questa versione fu dipinta nel 1867 per essere mostrata all’Esposizione Universale di Parigi di quell’anno. È interessante sottolineare che la versione del ‘67 fu probabilmente quella a cui Hayez fu più affezionato, perché non volle cederla a nessuno, e rimase di sua proprietà fino alla sua scomparsa. Ce ne sarebbero però anche un altro paio di versioni del bacio (donate da Hayez stesso ad un paio di amanti) di cui si sono però perse misteriosamente le tracce.
E questo per restare alle versioni su tela. Perché poi ci sono le versioni ad acquarello realizzate dallo stesso Hayez. Una, datata 1859, è esposta all’Ambrosiana, ma gli esperti non escludono che ci siano altre repliche ed esemplari in circolazione. Il tutto anticipato da un ulteriore dipinto dello stesso Hayez, intitolato “L’ultimo bacio di Romeo e Giulietta” del 1823, che sembra quasi una prova d’artista di tutti i baci successivi. Tela oggi visibile a Villa Carlotta sul lago di Como.
Ma torniamo al nostro monumento di piazzetta Brera realizzato nel 1884, due anni dopo la dipartita di Hayez e, nonostante tutta la fama acquisita in vita dall’artista, si dovette ricorrere ad una pubblica sottoscrizione per il suo finanziamento. L’incarico per la realizzazione venne affidato allo scultore Francesco Barzaghi (suo ex collega a Brera e autore della statua del Manzoni di piazza San Fedele) che non sfuggì al fascino del bacio producendone un’ennesima interpretazione in bronzo visibile su un lato del basamento. Una fascinazione, quella del bacio di Hayez, che è continuata negli anni e che ha visto una sofisticatissima interpretazione cinematografica da parte di un altro grande milanese, il regista Luchino Visconti che nel suo capolavoro “Senso”, ambientato negli anni del Risorgimento, ricreò perfettamente la scena del bacio affidandone l’interpretazione ad Alida Valli e Farley Granger.
Ma, piaccia o no, il botto di popolarità del bacio di Hayez lo si deve all’intuizione di Federico Seneca, pittore e cartellonista pubblicitario, che ridisegnò a suo modo il profilo dei due amanti su una scatola di cioccolatini ribattezzandoli “Baci”, e che da allora diventarono i cioccolatini più famosi d’Italia. E pensare che la donna che li aveva inventati, l’imprenditrice Luisa Spagnoli proprietaria della Perugina, li aveva definiti “Cazzotti”!!!
Ma tant’è, il mito del bacio è più che mai vivo e sentito nell’immaginario collettivo e la prova la si è avuta con le migliaia di persone - tra coppie vestite in costume d’altri tempi, visitatori e curiosi - che si sono ritrovati in chiusura di ExpoMilano 2015 per partecipare ad uno straordinario flash mob collettivo scambiandosi un bacio alla maniera di Hayez,
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