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Serie TV e fomo

  • Immagine del redattore: Laura Invernizzi
    Laura Invernizzi
  • 14 mag
  • Tempo di lettura: 5 min

Sono pessima nell’autopromozione, ma quando racconto che ho un podcast sulle serie TV, immancabilmente l’interlocutore mi butta lì qualche titolo. Molto spesso la mia risposta è: "non l’ho visto, non è il mio genere".

O magari lo è, ma il taglio dato alla storia non mi attira (o mi suscita ansia, come The Serpent – che non ho concluso – o Dahmer, nemmeno iniziata anche se ho visto documentari sul tema).

Noto una certa delusione negli occhi degli altri, probabilmente perché si dà per scontato che debba vedere tutto alla luce del mio podcast.


Ho iniziato ad essere seriale dal 2008 quando le serie TV – almeno in Italia – erano poco considerate e in ogni caso non all’altezza di competere con un film, quindi sono sempre stata un po’ outsider nelle mie scelte e non sento molto la pressione esterna.


Sì perché grazie o forse meglio dire per colpa dei social, che ci propongono luoghi, esperienze e prodotti rigorosamente “da non perdere” ci ritroviamo a inseguire contenuti più per paura di restare fuori che per reale curiosità.

È una corsa silenziosa e costante, quella a “stare al passo”. Una corsa che ha un nome preciso: FOMO – Fear of Missing Out.

 

Lo si è visto di recente a Milano per le iniziative del Fuorisalone, tutti i content creator a stilare elenchi con conseguenti lunghe code per accaparrarsi il gadget (magari da rivendere) o dire “io c’ero”.

Personalmente per evitare l’ansia da prestazione, ho evitato di approfondire l’argomento (posto che odio le code e la folla).

 

Ma so che non è così per tutti e che la FOMO colpisce anche gli spettatori delle serie TV.

 

Come capita ormai da qualche puntata, ho cercato online qualche dato o analisi del fenomeno.

 

Sembra recente, ma in realtà già nel 2016 è stato fatto uno studio su come la paura di essere tagliati fuori impattasse sui comportamenti di consumo televisivo in particolare il binge-watching e la visione di eventi mediatici unici come il Super Bowl.

Anche se si trattava di un campione di ristretto di persone sui 35 anni di età, è emerso che il desiderio di partecipare a conversazioni culturali e sociali, influenza il ritmo e il tipo di contenuti televisivi consumati, anche per evitare spoiler. Questo fenomeno è particolarmente evidente nelle serie drammatiche e negli eventi di intrattenimento unici.


Il passo successivo per qualcuno è mentire: in un sondaggio di RadioTimes.com del 2021 a cui hanno partecipato 1300 persone è emerso che poco più della metà, 52%, ha finto di aver guardato qualcosa I 5 programmi su cui le persone hanno mentito di più sono stati al primo posto Stranger Things (14%), seguito da Il Trono di Spade (10%), Breaking Bad (7%), The Crown (2%) e Schitt's Creek (1%)

Di questi 5, tre non li ho visti e due li ho piantati lì!


Nel 2015 John Landgraf, CEO di FX, disse una frase che è diventata quasi profetica:

“There is simply too much television.

Landgraf sottolineava come la crescita smisurata nella produzione di contenuti stesse saturando il mercato. Quella frase segnò l’inizio del concetto di Peak TV, oggi ancora più attuale.


Già nel 2022 nell’articolo di Linda Holmes su NPR si tornava a parlare proprio della saturazione crescente. Come critica, mi sento sopraffatta dalla quantità di programmi televisivi, ma non da quelli orribili, che ignoro quasi completamente. Mi sento sopraffatta da quelli accettabili. Perfettamente accettabili. Guardabili, ma non degni di nota, non grandiosi.”

 

Il numero di serie TV continua ad aumentare e la sensazione generale è quella di non riuscire più a star dietro a tutto. E il problema non è solo la quantità: è il fatto che molte serie sono considerate “importanti”, da vedere subito, pena l’esclusione dal discorso online, o semplicemente la sensazione di essere “rimasti indietro”. Oltre ovviamente a ritrovarsi spiattellato un finale o una particolare scena in un post il giorno dopo (non era accaduto per la morte di un noto personaggio di Sex and The City nel reboot o sequel And Just like That).

 

Ma ci sono degli espedienti.

In un articolo di Stefano Guarrera pubblicato a novembre 2024 nella sezione Login del Corriere della Sera si parla di come lo speed-watchingguardare serie TV o film a velocità acceleratasia sempre più diffuso tra i giovani, anche a causa della FOMO. Questa ansia spinge molti a praticare il binge-watching, spesso velocizzando la visione per restare al passo con l’enorme quantità di contenuti disponibili.

 

C’è un altro elemento che emerge.

Luisa Piroddi nell’articolo Serie TV, FOMO e altri disastri nel suo blog Psicologia in onda parla della Fobo “Fear of Better Option” “la paura dell’opzione migliore”, acronimo coniato dall’autore americano Patrick McGinnis, a cui si deve anche la nascita di Fomo.

Nella costante ricerca della cosa migliore, si rischia l’empasse e quindi è quasi automatico affidarsi al giudizio degli altri per un prodotto o una serie TV e se ne convalida la qualità anche per sentirsi parte di un gruppo.

 

Io non sono per la discussione a tutti i costi, dico la mia, ma se percepisco che non ci sono i presupposti per uno scambio di punti di vista (su Facebook ad esempio) lascio perdere, ma non mi interessa uniformarmi e se una cosa non mi piace, lo dico.

Ho decido – qualche mese fa – di dare una seconda possibilità a Fleabag, non tanto per la FOMO ma per capire se mi fossi sbagliata la prima volta (avevo visto 10 minuti del primo episodio), mi sono sforzata di arrivare alla fine della seconda puntata e niente: non mi piace, mi innervosisce, non fa per me.

 

Sempre restando su serie TV cult, come ho spiegato nella puntata 64 nonostante le recensioni positive, mi capita di lasciarne qualcuna in stand by anche per lungo tempo, per poi innamorarmi di loro al primo episodio e diventarne addicted.

È accaduto molti anni fa con House of Cards e nel 2019 con poi The Marvelous Mrs. Maisel  a cui avevo dedicato quella puntata.


Oppure decidere di vedere una serie TV di cui stanno parlando tutti, non tanto per la serie in sé, ma per il fenomeno che ne è scaturito (ne ho parlato nella puntata 114).

Dall’altra parte, nonostante le riflessione che sono emerse, non guarderò Adolescence perché so già che mi causerà ansia. Nel caso dovessi sentirne la necessità, approfondirò il tema attraverso gli articoli.


Andando verso la conclusione, vi riporto una frase che ho sentito sul treno l’estate scorsa e che forse va nella direzione opposta alla FOMO: ”Prima di legarmi in una relazione con una serie TV devo pensarci...

La possiamo interpretare come scelta critica, avendo tempo libero limitato scelgo cosa fare e se questo include la visione di una serie, deve valerne la pena.

Lato addicted potrebbe anche essere interpretata “non voglio affezionarmi ad una serie TV che potrebbe non essere rinnovata”. Io di solito corro il rischio, vedi la recente Étoile.

 

E voi, come siete messi a FOMO?

 

Fatemelo sapere, sono curiosa di scoprire cosa avete visto spinti dalla pubblicità di amici o dai social e se queste visioni vi hanno deluso o vi sono piaciute.


 
 
 

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