Piazza Cavour, Largo Cairoli e Piazza della Repubblica
Qualche puntata fa (la numero 56 per essere precisi), vi avevo raccontato la variegata storia, ricca di aneddoti curiosi, del monumento di Vittorio Emanuele II in piazza Duomo. Bene, oggi vorrei ampliare il tour ad altri tre monumenti milanesi dedicati ad altrettanti protagonisti della nostra storia risorgimentale: Camillo Benso conte di Cavour, Giuseppe Garibaldi e Giuseppe Mazzini. E l’ordine non è solo alfabetico, ma anche temporale di realizzazione.
Il monumento a Cavour, sito nell’omonima piazza in fondo a via Manzoni, fu il primo tra quelli dedicati ai nostri eroi risorgimentali. Venne inaugurato il 5 giugno del 1865 con grande pompa: erano presenti il principe e futuro re Umberto I di Savoia, il generale Durando, protagonista delle tre guerre d’indipendenza e il primo sindaco di Milano Antonio Beretta. Ma – si sa – i milanesi sono un po’ maliziosi, e la statua fu subito molto “chiacchierata”. In effetti, la figura in bronzo del Cavour, alta e compassata, e raffigurata nell’atto di presentare al Parlamento il progetto di legge per la proclamazione del Regno d’Italia, se vista da una certa angolazione latero posteriore … quel dito appare come qualcosa di ben diverso. Se poi capita una giornata di pioggia a dirotto e un rigagnolo corre lungo il dito, beh, l’effetto è assicurato.
Autore dell’opera fu lo scultore Odoardo Tabacchi, che prese molto male questa interpretazione del popolino, tanto che girò la voce che fosse addirittura morto di dolore. Ma non è vero perché spirò serenamente quarant’anni dopo. Altri pettegolezzi riguardano la figura femminile un po’ discinta raffigurata nella parte bassa del monumento che sembra voler incidere sulla pietra con la mano destra il nome del politico torinese. Alcuni l’hanno interpretata come l’Italia, altri come la Vittoria, ed altri ancora come la Storia. Le due statue, quella superiore e quella inferiore, sembrano in effetti ignorarsi a vicenda ed aver poco a che fare l’una con l’altra.
Per la cronaca la figura femminile era stata affidata in un primo tempo allo scultore Antonio Tantardini che però declinò l’ordine per precedenti impegni passandolo ad un suo giovane e fidato collaboratore, tale Francesco Barzaghi, che in effetti fece poi gran carriera realizzando tra l’altro la statua del Manzoni di piazza San Fedele e quella di Napoleone III al parco Sempione. Il Barzaghi, conosciuto come impenitente dongiovanni, chiamò a posare un’affascinante studentessa polacca allieva al Conservatorio che, innamoratasi a prima vista dell’artista, non si fece alcun problema nel mostrare le sue fattezze. E fu così che la figura di donna ai piedi del Camillo nazionale risulta ben poco abbigliata. Ultimo dettaglio. Per il basamento, realizzato da Davide Pirovano, gli stessi scultori chiesero all’amministrazione comunale di poter utilizzare il materiale del vicino e appena demolito Palazzo Dugnani. Mai sprecare niente!
In ogni caso nell’Ottocento, fatta l’Italia bisognava celebrarla. Fu così che alla morte di Garibaldi (avvenuta nel 1882) gran parte dei Comuni italiani, Milano in testa, si sentirono in dovere di onorarne la memoria dedicandogli una via, una piazza o, meglio ancora, un monumento. Compito quest’ultimo non da poco considerato che bisognava coniugare i sentimenti del popolo con la sensibilità degli artisti, il rispetto dovuto ai veterani delle battaglie e la simbologia che si andava costruendo sull’unità del Paese. Insomma, un bel problema.
Fu così che il consiglio comunale di Milano scelse la via del bando pubblico, richiedendo ai partecipanti di presentare il bozzetto per una statua di imponenti dimensioni dove l’Eroe dei due Mondi fosse rappresentato “in posa guerresca”. Questo primo tentativo venne funestato dalla morte di uno dei partecipanti che (con tutto il rispetto) non si sa perché determinò la cancellazione della gara. Dopo un paio d’anni uscì il secondo bando al quale parteciparono, tra gli altri, Ettore Ximenes, un artista palermitano di buona fama, figlio e nipote di patrioti risorgimentali, e Giuseppe Grandi, lo “scapigliato” che stava lavorando al monumento alle Cinque Giornate (al quale in effetti il bozzetto un po’ somigliava). Ma la Commissione chiamata ad effettuare una scelta non riuscì a votare all’unanimità (quando mai?!), ma almeno una decisione la prese: quella che il monumento sarebbe stato collocato nello slargo fra via Dante e il Castello Sforzesco, cioè nel tratto di Foro Bonaparte che sarebbe stato successivamente ed opportunamente dedicato ai fratelli Cairoli, famosi eroi garibaldini.
Finalmente al terzo tentativo, e siamo ormai a fine 1888, la Commissione, pur tra mugugni, dissensi e ripensamenti, arrivò a decretare il vincitore, anzi i due vincitori: lo Ximenes di cui sopra, a cui si deve la statua equestre in bronzo, e l’architetto lombardo Augusto Guidini, a cui si deve l’impianto complessivo dell’opera. Insomma: un siciliano e un milanese a sancire l’unione dei due mondi. L’opera (imponente come da briefing) ci presenta Garibaldi a cavallo, con la divisa militare dell’esercito sabaudo, nell’atto del suo trionfante ingresso a Milano. Ai suoi piedi campeggiano due allegorie, la Rivoluzione e la Libertà, poste nel mezzo di corone d’alloro e palme, mentre lo sguardo del Generale è volto verso l’orizzonte di via Dante, ma anche di Roma, la città che non riuscì mai a conquistare. L’inaugurazione ufficiale ebbe luogo il 3 novembre del 1895 alla presenza di una folla festante, del patriota Felice Cavallotti e del Sindaco Giuseppe Vigoni che, dal palco, pronunciò una “vibrante” allocuzione.
Per il terzo monumento, quello dedicato all’ispiratore dell’unità d’Italia, dobbiamo fare un salto di quasi un secolo. Inaugurato il 1° giugno 1974 (giusto in tempo per la Festa della Repubblica del giorno dopo), il monumento a Giuseppe Mazzini, venne coerentemente collocato in Piazza della Repubblica, in uno spazio verde proprio di fronte all’hotel storicamente più prestigioso della città, il Principe & Savoia.
Il progetto, ideato da Vico Magistretti, era quello di offrire ai passanti un monumento aperto, non da contemplare ma da percorrere. Infatti la “strada di pietra” di 38 metri è cadenzata da una serie di motivi plastici in marmo bardiglio, tutte opere allegoriche di Pietro Cascella che raccontano i momenti più significativi del pensiero e dell’azione di Mazzini.
C’è un fiore, simile ad un capitello, a simboleggiare la gioventù che diede la vita nei moti mazziniani. C’è la Medusa che rappresenta il terrore in cui viveva l’Italia. E la cariatide, a ricordare la lunga oppressione, che precede un volto nell’ombra a suggerire i tempi della cospirazione. E poi ancora la muraglia di un carcere, lo scudo e la lancia, la barricata risorgimentale e le lapidi delle imprese eroiche con i nomi e le date. Su su, sino alla ottocentesca statua del Mazzini stesso che conclude il percorso, posta a livello terra e non su un piedestallo, proprio per favorire l’incontro storico e umano con il nostro eroe.
La statua ha una storia tutta sua. La prima versione, fortemente avversata dai Gesuiti, venne realizzata a Roma nel 1876 da Giulio Monteverde, artista, patriota e senatore, che riprese un’incisione dell’epoca raffigurante il Mazzini che parla alla Costituente Romana. La statua, in marmo bianco ed alta circa 3 metri, era destinata all’Argentina ma prima dell’imbarco per Buenos Aires (dov’è tuttora collocata in piazza Roma) venne esposta a Genova, dove riscosse uno straordinario successo per via della notevole somiglianza. Tant’è che il Monteverde si affrettò a produrne subito un’altra in bronzo, solo leggermente diversa e di dimensioni più piccole, tuttora collocata al Museo del Risorgimento di Genova.
E quando, dopo un secolo, si trattò di “personificare” Giuseppe Mazzini al termine del percorso milanese si scelse di ricorrere a quella interpretazione, ormai entrata nell’immaginario collettivo, realizzandone un’ulteriore copia in bronzo a misura d’uomo. Insomma trattasi di copia, di una copia, di una copia … Ma il Mazzini è proprio come ce lo siamo sempre immaginato!
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