The Gentlemen
- Laura Invernizzi
- 19 mar
- Tempo di lettura: 5 min
Riprendo il discorso sugli adattamenti da film a serie TV.
Nella prima puntata di questa stagione ho parlato di produzioni italiane A casa tutti bene e Le fate ignoranti, questa volta porto un titolo internazionale: The Gentlemen di Guy Ritchie.
Come sempre, il passaggio dal grande al piccolo schermo porta con sé opportunità e rischi, e questa serie di Netflix offre parecchi spunti di riflessione.
Come ormai saprete, sono seriale e non cinefila quindi ho visto prima la serie e poi, per realizzare questa puntata, il film. Un’esperienza che spesso ribalta la prospettiva e fa emergere aspetti che magari passano in secondo piano per chi ha vissuto l’ordine inverso - e si sente tradito dall’adattamento o reboot (o come volete chiamarlo!)
La serie mi è piaciuta, ha un ritmo coinvolgente, personaggi intriganti (e pure bellocci, ammettiamolo) e riesce a mantenere quell’equilibrio tra tensione e ironia, caratteristica che mi ha permesso di godermi la visione nonostante non sia il mio genere.
Il film, che si trova su Prime Video, è uscito nel 2019 e racconta la storia di Mickey Pearson, interpretato da Matthew McConaughey, un boss della droga che cerca di uscire dal giro, ma si ritrova invischiato in un intrigo in cui si stenta a capire chi siano gli alleati e i nemici.
A fare la differenza, oltre alla regia dinamica e al montaggio veloce, è il cast: Hugh Grant in un ruolo inaspettato (ha ricordato non molto tempo fa come le commedie romantiche da lui interpretate gli avessero lasciato un marchio…), Charlie Hunnam (Sons of Anarchy), Colin Farrell (con tute molto sobrie…), e Michelle Dockery (Lady Mary in Downton Abbey).
Rispetto alle serie TV italiane di cui vi ho parlato nella prima puntata, qui non abbiamo una trasposizione - copia del film, ma si sceglie un punto di vista completamente diverso: partendo da un nuovo protagonista, Eddie Horniman, che diventa poi il 14simo duca di Halstead, interpretato da Theo James (visto anche nella seconda stagione di The White Lotus). Eddie è un ex militare che si trova a ereditare un enorme tenuta, ma con milioni di debiti, una coltivazione di cannabis sotterranea e una socia in affari, Susie, interpretata da Kaya Scodelario (già vista in Skins e più di recente in Spinnig Out).
Il neo duca non ha esperienza in merito, ma diciamo che entra subito nella mentalità.
Questa scelta narrativa permette alla serie di esplorare il mondo criminale britannico con una prospettiva diversa, più graduale rispetto al film, in cui i personaggi erano già perfettamente inseriti in quel contesto.
Come evidenziato da TIME, "la serie mantiene lo stile di Ritchie, ma diluisce il fascino della narrazione originale, allungando i conflitti in modo meno incisivo". Ma devo dire che, a mio avviso, questa dilatazione dei tempi funziona, perché permette di esplorare meglio le dinamiche tra i personaggi.
La serialità, come già avevo sottolineato parlando di A casa tutti bene, offre un respiro più ampio e la possibilità di creare un legame più profondo con lo spettatore.
Le recensioni della serie sono state per lo più positive, ma non tutte entusiaste. Sul mitico Rotten Tomatoes ha ottenuto un 75% di gradimento:
“Lo stile di Guy Ritchie si adatta magnificamente a questo formato e questi personaggi sono incredibilmente divertenti. La storia potrebbe non distinguersi, ma le sequenze esplosive e l'approccio sfacciato rendono la visione una maratona divertente.”
Theo James, parlando della serie sul blog di Netflix Tudum, ha dichiarato: "Mi piace il fatto che Eddie inizi come un personaggio apparentemente semplice, un uomo d’onore, e poi venga trascinato in un mondo che lo costringe a trasformarsi. È un’evoluzione brutale, e interpretarla è stata una sfida entusiasmante". L'attore ha anche elogiato il lavoro di Ritchie, sottolineando come il regista abbia "una capacità unica di creare dialoghi serrati e situazioni al limite, rendendo ogni scena imprevedibile e dinamica".
Molto entusiasta anche Kaya Scodelario, come ha rivelato in alcune interviste, era la prima volta nei panni di una "donna adulta e completamente formata che non si scusa per la sua intelligenza e competenza”. “È incredibilmente forte già dall’inizio, ma è stato possibile anche esplorare le sue vulnerabilità e le crepe nella sua armatura. L'ho semplicemente adorata. Ho capito subito che era qualcuno a cui potevo dare vita, che mi sarei divertita a giocare. Mi piaceva anche l'idea di essere il primo personaggio femminile in prima linea nell'universo di Guy Ritchie.”
La seconda stagione è già in cantiere, le riprese dovrebbero iniziare a breve (si era detto in primavera, quindi ci siamo). Sempre James ha anticipato che sarà "più grande e più dark rispetto alla prima stagione". Ha spiegato: "Io e Guy volevamo assicurarci che la serie evolvesse. Per quanto sia stata divertente la prima stagione, se fai esattamente la stessa cosa di nuovo, rischia di perdere il suo impatto".
Questo suggerisce che vedremo un’evoluzione dei personaggi e del mondo criminale in cui sono immersi, con toni più cupi e forse meno spazio alla leggerezza.
Il regista ha dichiarato che la serie rappresenta "tutto ciò che si desidera da una commedia d’azione in stile Guy Ritchie", ma resta da vedere se la seconda stagione riuscirà a consolidare il successo.
Nel frattempo, il regista ha continuato ad espandere in un certo senso questo genere narrativo, lavorando su altri progetti, tra cui una nuova serie, Mobland, il cui trailer è uscito ad inizio mese (proprio mentre stavo preparando questa puntata). Un cast del calibro di Pierce Brosnan, Helen Mirren e Tom Hardy e anche qui troviamo una famiglia dedita al crimine. All’inizio doveva essere legata alla serie Ray Donavan (forse un prequel), ma poi si è deciso diversamente. Deadline sostiene che sarà disponibile dal 30 marzo su Paramount + negli Stati Uniti, Canada e Uk e Australia ed entro l’anno anche negli altri mercati. Sky indica comunque questa data, facendo intendere che arrivi anche da noi.
In conclusione la domanda che mi/vi ripropongo è più o meno sempre la stessa: il passaggio da film a serie TV è sempre un’evoluzione naturale, semplicemente un modo per sfruttare una produzione che ha già una potenziale fanbase o ancora una mancanza di idee? Lo abbiamo detto più volte, anche per gli adattamenti di romanzi; il formato episodico permette di approfondire aspetti che il film non ha il tempo di esplorare, ma forse non si rischia di allungare troppo una storia che funzionava meglio nella sua forma originale? Nel caso di The Gentlemen, per quanto mi riguarda, la serie ha saputo trovare un equilibrio interessante, anche perché la sceneggiatura prende una strada diversa dal film.
Voi che ne pensate? Avete visto prima il film o la serie? Vi ha convinto questo adattamento?
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