Ci sono storie che sembrano uscite dalla penna di uno sceneggiatore, ma in realtà sono accadute davvero
Il 12 marzo, ad un mese dall’uscita di Magic Mike Last Dance, ultimo capitolo – almeno per ora – della trilogia che vede protagonista Channing Tatum nei panni di uno spogliarellista (ma in realtà vorrebbe fare altro), ha incassato a livello mondiale 55,4 milioni di dollari. Forse leggermente sotto le aspettative, ma di fatto un nuovo successo.
So che la battuta più immediata sarebbe “ma l’8 marzo è già passato, tu sei già sposata, perché parli di striptease?”
In effetti non mi è mai interessato molto l’argomento, non ho mai partecipato a spettacoli del genere e li ho sempre bollati come qualcosa di volgare (anch’io ho dei preconcetti, lo ammetto).
Poi ho letto un’intervista a Juliette Lewis, che interpretata la parte costumista Denise nella serie TV Welcome to Chippendales in cui metteva sotto una luce diversa lo spogliarello maschile, in particolare a fine degli anni 70 e da lì ho iniziato a guardare la serie (che si trova su Disney +).
C’era un altro elemento a rendere il tutto ulteriormente interessante – almeno per la sottoscritta – la storia dei Chippendales è un true crime.
Si deve partire dall’inizio, dall’India (mi sento un po’ Carlo Lucarelli) luogo da cui parte Somar Banerjee per approdare a Los Angeles, gestisce – con successo - una pompa di benzina e coi soldi guadagnati acquista nel 1975 un locale (che chiama Destiny II, per dare l’idea che sia già un business avviato) e spera di diventare ricco con un nightclub.
Come riporta Natalia Petrzela, storica e ideatrice del podcast Welcome to your Fantasy, dedicato proprio alla vicenda, è un momento particolare:
"Il critico del New York Times Richard Blumenthal conia l'espressione "porno chic" per descrivere il modo in cui il porno viene preso sul serio dalle persone nel mondo del cinema, e diventa anche lo slogan di un'intera scena sociale. Star del cinema e dirigenti della musica, modelle, pezzi grossi dell'industria del porno, festeggiano tutti insieme nelle nuove scatole di vetro sulle colline di Hollywood. O la villa di Playboy, dove Hugh Hefner era una specie di cartone animato porno-chic vestito di seta che prendeva vita".
Non a caso Banerjee ha una vera adorazione per quest’uomo e vuole anche lui avere successo. Le cose però non decollano, i tornei di blackgammon, le lezioni di disco dance e nemmeno il wrestling femminile nel fango portano persone nel locale e dunque soldi.
Poi arriva un personaggio che sembra avere le carte in regola per dare una svolta al locale: Paul Snider accompagnato da Dorothy Stratten, modella – aspirante attrice – e Playmate del mese di agosto 1979.
Il locale nel frattempo cambia nome ancora una volta, ora è Chippendales. Da Thomas Chippendales, ebanista e designer di mobili il cui stile è caratterizzato da linee curve ed elaborate, con archi a sesto acuto e "forme ad S" che derivano dal Gotico, a cui si uniscono elementi geometrici più statici.
Il nome suggerisce - secondo Banerjee, che in America si fa chiamare Steve, non più Somar - pura classe.
Qualcuno attribuisce a Snider l’idea di introdurre i men exotic dancers nel locale, altri alla Stratten (insieme allo stile che ancora oggi contraddistinguere i Chippendales: colletto, papillon nero e polsini, il corrispondente maschile al costume caratteristico delle Conigliette di Playboy).
È un successo…ma Snider – diventato socio del locale – è geloso delle attenzioni che vengono rivolte a Dorothy, diventata sua moglie.
Un'altra brutta storia che in molti ancora ricordano (ma che vi lascio scoprire da soli).
Archiviata questa vicenda, il passo successivo, che porterà al consacrazione definitiva del locale, è l’arrivo di un coreografo: Nick De Noia.
Da semplici e un po’ goffi spogliarelli, si arrivano ad avere coreografie, storie e costumi sempre diversi.
Soldi, successo, ma anche problemi. Banerjee non vuole la fama, ma i soldi. Preferisce stare nell’ombra, ma allo stesso tempo avere tutto sotto controllo e tutti devono interfacciarsi con lui. Sono solo sue le decisioni finali.
Ma De Noia vuole libertà creativa…e molto di più. Il divario tra i due aumenta e la cosa finisce con un’assurda tragedia.
Mi fermo qui perché preferisco che guardiate Welcome to Chippendales senza grossi spoiler.
La serie, disponibile in Italia col titolo Ecco a voi i Chippendales su Disney + dall’11 gennaio scorso, conta 8 episodi e copre tutta la vicenda.
Lo showrunner è Robert Siegel (tra i suoi lavori The Wrestler e la recente serie Pam e Tommy) a cui piace ricercare tra le cose trash, divertenti, sottovalutate, ma che poi portano ad altro.
Steve Banarjee ha il volto di Kumail Nanjiani.
Non ho mai avuto la possibilità di interpretare un personaggio come questo, qualcuno che diventa così oscuro e cambia così tanto nel corso della stagione – ha detto in un’intervista a Entertaiment Weekly – una parte in cui non mi è stato chiesto di essere divertente. È ancora lì che mi sento più a mio agio e tradizionalmente ho ottenuto il successo, come faccio a valutare come sto andando se non sono divertente? E come faccio a connettere il pubblico con questo ragazzo se non ho l'umorismo? Questa è stata la mia sfida più grande.
Ma ci è riuscito benissimo, non solo a mio avviso, ma anche secondo Siegel.
Altro personaggio centrale, Nick De Noia e anche qui troviamo un perfetto interprete: Murray Bartlett (visto in Tales of The City di cui ho parlato nella puntata 32 e nella prima stagione di White Lotus).
Poi la già citata Juliette Lewis per la parte della costumista Denise Coughlan.
È un personaggio di fantasia, l’attrice sostiene di essersi ispirata ad alcune donne dell’epoca, ma sicuramente ha attinto anche da Candace Mayeron ex tour manager e produttrice associata dei Chippendales (e giocatrice di backgammon).
A riequilibrare questi personaggi decisamente sopra le righe la moglie di Banarjee, Irene Tychowskyj, almeno nella ricostruzione fatta nella serie. L’attrice Annaleigh Ashford non aveva infatti molto materiale da cui attingere: “Non avevo ricerche da cui partire perché non c'è niente su questa donna. Abbiamo una sua foto e basta. Quindi l'unica cosa su cui dovevo lavorare erano le circostanze date della situazione, gli eventi della vita reale”.
Non è la prima volta che la vicenda di Banerjee e dei Chippendales viene raccontata, ho fatto qualche ricerca.
The Chippendales Murder è un film per la TV del 2000 che vede nei panni del protagonista Dev Patel. Si trova su YouTube in lingua originale, ma dopo aver visto la serie mi è sembrato poco interessante (dura 1 ora e 25 min quindi è ovvio che rispetto a Welcome to Chippendales – che ha 8 puntata da 45 minuti l’una – sia stato necessario fare sintesi).
Sempre su YouTube ho trovato una puntata di FBI Files dedicata alla vicenda, si intitola Backstage Murder (una cinquantina di minuti).
Su Crime Investigation (canale a cui si accede da Prime Video - i primi 14 gg sono gratis) c’è Curse of the Chippendales (in italiano Chippendales: il lato oscuro dello stripclub), docuserie in 4 episodi con interviste a quanti hanno lavorato o conosciuto i protagonisti. È presente anche uno dei due figli di Banerjee, Christian, che ha avviato una carriere come spogliarellista e fondato una sua compagnia Strippendales.
Alcuni di questi li ritroviamo anche nel già citato podcast Welcome to your Fantasy.
Dopo che le serie o i documentari si concludono, di solito si cerca cosa è successo dopo, l’eredità lasciata.
Per quanto riguarda quella materiale, non si sa dove siano finiti i soldi presenti sul conto corrente svizzero di Banerjee. La moglie Irene è morta di cancro nel 2001, ma era comunque stata costretta a vendere la compagnia – qualcuno sottolinea svendere, per far fronte ai debiti.
Della figlia Lindsay si ha giusto qualche foto… e ci sta che non voglia stare sotto i riflettori, soprattutto ora che la storia è tornata popolare.
Per quanto riguarda invece l’eredità spirituale (se mi passate il termine) i Chippendales dagli anni 80 in poi hanno continuato ad essere citati ed ispirare altre compagnie di exotic dancers, film e sketch.
Full Monty, film inglese del 1997 in cui degli ex operai – a corto di soldi dopo la chiusura delle acciaierie – scoprono l’esistenza dei Chippendales e che si può guadagnare facendo gli stripper.
Il film è stato un successo mondiale – nel caso lo vogliate rivedere si trova su Disney + - e a distanza di più di 25 anni dovrebbe arrivare anche la serie TV (con quasi tutti gli attori originali).
Anche la trilogia di Magic Mike, pur attingendo dalla biografia dello stesso Tatum, ha sicuramente un legame stretto con i men exotic dancers degli anni 70/80.
E lo è anche con la liberazione sessuale delle donne, come afferma la Mayeron “Era la prima volta in assoluto in cui qualcosa era completamente orientato alle donne, in cui potevano esprimersi appieno”.
Ho cercato di capire di più del fenomeno e ho trovato un paio di articoli.
Il primo è della rivista Slate e ricostruisce la storia dello strip maschile che si consolida proprio grazie ai Chippendales.
Prima degli anni '70 il corpo maschile veniva talvolta erotizzato nell'intrattenimento, ma il suo sex appeal raramente era un'attrazione esplicita. Anche quando lo era, l'attrazione non riguardava quasi mai il ballo, in ogni caso “fino alla metà degli anni '70 gli uomini che si toglievano i vestiti in pubblico rischiavano di ricevere una citazione per atti osceni”.
Non è stato facile comprenderne il fenomeno, ma la proliferazione di spettacoli di spogliarello maschili – gay o etero - ha avuto luogo in mezzo a movimenti culturali più ampi, tra cui l'ascesa del gay pride, la seconda ondata del femminismo e la rivoluzione sessuale.
Non ci sono state – secondo l’articolo – grandi modifiche agli spettacoli, si tratta di coreografie elaborate, spesso hanno quelli che chiamano drammaturghi che scrivono ogni battuta delle esibizioni, determinano i costumi e scelgono i partecipanti per ogni numero.
Nella maggior parte dei casi non c’è mai nudo frontale ed è raro che ci possano essere degli extra a sfondo sessuale all’interno del club.
Sul sito dei Chippendales (l’attività prosegue) ci sono spiegazioni dettagliate sulle modalità di partecipazione!
Su Glamour UK, Radhika Sanghani fa invece una riflessione sul modo in cui viene percepito lo strip maschile - visto come abbiamo detto prima divertente e comico – e quello femminile considerato volgare, squallido e una connotazione sessuale è sempre presente.
Certo accade che anche le donne presenti negli spettacoli maschili degradino gli stripper, ma il potere è sempre maschile.
Cita anche uno studio condotto da Maren Schull dell'Università del Colorado che ne sottolinea questo aspetto. La sua ricerca suggerisce che anche se gli uomini possono essere oggettivati e molestati tanto quanto le donne, c'è una differenza cruciale: hanno ancora il controllo e raramente sono a rischio reale, sia per le loro dimensioni, sia per la mancanza di balli privati che significa molto raramente vengono lasciati soli in una situazione vulnerabile con un/una cliente.
Insomma forse non siamo davvero di fronte a un’emancipazione secondo la giornalista che conclude così
Non c'è da meravigliarsi quindi che lo spogliarello maschile sia così spesso descritto come divertente, leggero e sciocco - troppo spesso, si tratta meno di sesso e più di donne che cercano di invertire i ruoli di genere, ma - come suggerisce il testo della dottoressa Schull - sembra che quei ruoli siano troppo radicati per essere invertiti, anche quando c'è un uomo che balla davanti a te in un perizoma.
Se ancora non siete convinti di vedere Welcome to Chippendales – Ecco a voi i Chippendales, concludo con un’ultima citazione dal podcast citato prima.
“È una sorta di istruttivo racconto morale sulla natura umana e sui pericoli del potere e del successo".
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