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Immagine del redattoreWilma Viganò

La Braidense

Aggiornamento: 26 ott 2021

LA BIBLIOTECA DI MARIA TERESA


La passeggiata di oggi è dedicata a chi ama i libri, e credo quindi che saremo un bel gruppetto di appassionati. Vorrei infatti accompagnarvi nella visita ad una delle grandi biblioteche pubbliche milanesi: la Braidense. Per farlo dobbiamo tornare ancora una volta al Palazzo di Brera. Qui, attraversato il cortile d’onore, procederemo lungo tutto il corridoio di fronte a noi e in fondo, sulla sinistra, troveremo uno scalone con cancellata sormontata dalle iniziali BNB, cioè Biblioteca Nazionale Braidense. Praticamente un logo, disegnato però nientemeno che da Luca Beltrami.

Il nome ha origine da “Braida” che in lingua longobarda significa “terreno coltivato”, così com’era l’area originariamente gestita dai frati del convento degli Umiliati ai quali subentrarono nel ‘500 i Gesuiti. Un ordine quest’ultimo molto acculturato la cui “Mission”, si direbbe oggi, era la formazione del clero e dei giovani della nobiltà milanese. La loro scuola era tra le più rinomate della città, al pari delle Palatine, delle Arcimbolde, del Collegio Elvetico e di quello dei Nobili. Centro della conoscenza era una grandiosa biblioteca di circa 24.000 volumi tuttora conservati nella Sala Teologica e di Lettura, in imponenti scaffalature seicentesche in legno di noce e radica sotto un soffitto originale affrescato con la rappresentazione del “Trionfo della Religione”.

Biblioteca Nazionale Braidense - sala - Wilma Viganò

Questo primo nucleo di volumi venne integrato, qualche secolo dopo, da un’altra consistentissima biblioteca, quella del conte Carlo Pertusati, erudito e bibliofilo milanese, più volte presidente del Senato di Milano. Gran viaggiatore e conoscitore di lingue orientali, il Pertusati aveva raccolto, nel suo palazzo di Porta Romana, altri 24.000 volumi a stampa e manoscritti. Purtroppo il palazzo è andato distrutto nel corso dei bombardamenti del ’43, ma dalle parti della Crocetta si può ancora intravvedere quel che resta del famoso giardino degli Arcadi, dove la colonia milanese dell’Accademia dell’Arcadia di cui il Pertusati era pastore, soleva riunirsi per dissertare su tutto lo scibile dell’umano sapere approfittando della vasta biblioteca e dell’altrettanto famoso orto erculeo adornato di piante e fiori del padrone di casa.

Alla sua morte, e siamo a metà Settecento, gli eredi cedettero la biblioteca a Maria Teresa d’Austria “per suo uso privato”, magari per ingraziarsela un po’. Ma l’imperatrice, da donna illuminata qual era, girò la donazione alla città di Milano con l’indicazione che fosse “collocata in sito opportuno, e per quanto sarà possibile vicino al centro della città, di facile e comodo accesso a ciascuno che vorrà frequentarla.” Fu così che venne a formarsi a Brera la Braidense, cioè seconda più grande biblioteca pubblica della città. L’altra era l’Ambrosiana di San Carlo Borromeo, super colta, che conteneva codici, papiri, antichi volumi in greco, latino, ebraico e lingue orientali, mentre la Braidense, ulteriormente integrata dalle altre biblioteche dei Gesuiti di San Fedele e San Girolamo, aveva un’apertura più moderna e in linea coi tempi, con pubblicazioni di religione, storia, geografia e letteratura da tutto il mondo. Insomma, un tipo di cultura più POP.

Per sistemare tanto ben di Dio venne chiamato nientemeno che il Piermarini e a lui si deve il progetto dell’attuale Sala Teresiana le cui splendide scaffalature settecentesche ospitano i libri dell’ex biblioteca del Pertusati. A quel tempo in biblioteca si arrivava salendo la scalinata del cortile d’onore (quella attualmente utilizzata per la pinacoteca) mentre ora, come già detto, si sale dallo scalone posteriore costellato da busti di illustri frequentatori. Arrivati al primo piano, si accede immediatamente al salone principale, cioè alla Sala Teresiana, con le volte affrescate nell’Ottocento e i due grandi ritratti di Maria Teresa da un lato e Francesco Giuseppe dall’altro. Nel salone spiccano inoltre due grandi lampadari a gocce in cristallo di Boemia, aggiunti però solo di recente. Furono infatti assemblati utilizzando le magre rimanenze dell’impianto di illuminazione settecentesco del salone delle Cariatidi di Palazzo Reale, devastato dai bombardamenti della seconda guerra mondiale. A Milano non si butta niente.

Ma il sistema di illuminazione della Braidense registra anche un altro curioso episodio. Già nel 1861 era stato sperimentato un orario di apertura serale con illuminazione a gas, ma nel maggio del 1885 la Braidense fu la seconda biblioteca al mondo, dopo quella di New York, a dotarsi di un impianto di illuminazione elettrica. Grande festa naturalmente per l’accensione delle prime lampadine da tavola che determinarono però un inaspettato problema. Le lampadine a quei tempi erano merce preziosa e l’amministrazione dopo qualche tempo si vide costretta a stampare a smeriglio su ciascuna lampadina la dicitura “Rubata alla Biblioteca Nazionale Braidense”. Un’usanza dismessa solo nel dopoguerra.

Biblioteca Nazionale Braidense - Sala laterale - Wilma Viganò

Dal Perusati in poi le acquisizioni-barra-donazioni furono moltissime ma soprattutto venne messo in atto un benemerito sistema col quale si faceva obbligo a tutti i tipografi del Lombardo-Veneto di consegnare alla Braidense una copia di tutto ciò che veniva da loro stampato. Si chiamava “deposito obbligatorio” o “diritto di stampa” ed è tuttora in vigore, solo che è limitato alla Provincia di Milano. Ed è la ragione per cui accanto ai trattati scientifici e ai codici miniati, alla Braidense ci si può tranquillamente rilassare con una copia di Linus o con un libro di cucina.

Girovagando per le innumerevoli sale potreste incrociare l’ingresso alla Sala Misteriosa alla quale si può accedere solo con permesso speciale. In questa sala vengono conservati i manoscritti, le antiche edizioni, i carteggi, le rilegature e i codici miniati più rari. Tra questi il primo libro stampato in Italia, il “Lattanzio” del 1465, una Divina Commedia del 1477, un atlante miniato donato a Lorenzo il Magnifico per le sue nozze e persino il primo documento scritto in dialetto milanese nel XII° secolo.

C’è poi la Sala del Tesoro, detta anche della Mummia, perché ospitava in passato una vera e propria mummia, dono dell’esploratore ed archeologo Giuseppe Acerbi, che l’aveva accompagnata con due papiri, uno dei quali sul rituale dei morti nell’antico Egitto. La mummia restò nella sala fino al 1910 quando venne trasferita al Castello Sforzesco dove può essere tuttora ammirata. Un’altra curiosità è il fatto che sino all’inizio del ‘900 le signore, nelle sale di lettura, dovevano accomodarsi in una zona loro riservata, proprio come si faceva nelle chiese di campagna. Nel 1886, alla presenza del re Umberto e della Regina Margherita, venne inaugurata la Sala Manzoniana dove sono conservati autografi del Manzoni, il suo carteggio, le varie stesure autografe de “I promessi sposi” e i libri della sua biblioteca postillati a mano, a cui si aggiunge, col passare degli anni, tutto ciò che viene pubblicato su di lui.

Nel corso della seconda guerra mondiale tutto questo ben di Dio di libri trovò rifugio nel convento dei Padri Benedettini e nei sotterranei del Castello di Carimate. Questo perché le cantine della Braidense erano state convertite in rifugi antiaerei che avevano però il piccolo difetto di far ritrovare tutta una serie di scheletri umani, probabili testimonianze dell’ex cimitero dei Gesuiti, se non addirittura degli Umiliati. Alla fine dei bombardamenti i danni della Braidense furono relativamente lievi a confronto della vicina Pinacoteca che fu quasi distrutta. Con la ricostruzione alla biblioteca vennero affiancati due enormi magazzini con decine di piani e oggi, con l’aiuto dell’informatizzazione, tutto sembra essere molto ben organizzato.

Uscendo val la pena di notare, sul portone d’ingresso, le tracce di uno sportellino che restò in funzione sino al 1938. Bisogna sapere che, come in ogni biblioteca che si rispetti, alla Braidense circolavano dei topolini e si era risolto il problema aprendo nottetempo uno sportellino per far circolare i gatti del quartiere. Finché il personale, stufo di provvedere alle pulizie di questa guerra ecologica, insorse e lo sportellino venne chiuso.


Nota: Notizia giunta nei giorni della pubblicazione del podcast (febbraio 2021) l'acquisizione da parte della Biblioteca Nazionale Braidense della collezione di libri antichi di Umberto Eco.

La "Bibliotheca semiologica curiosa, lunatica, magica et pneumatica", come l'aveva battezzata lo stesso Eco, si è formata nel corso della sua attività di bibliofilo e comprende 1200 volumi antecedenti al Novecento, di cui 36 incunaboli e 380 volumi stampati tra il XVI e il XIX. (fonte Sistema Bibliotecario Milano)

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