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  • Immagine del redattoreAlberto Pandiani

L'ABC della TBC

Aggiornamento: 12 apr

Ti racconto la tibiccì è il podcast sulla tubercolosi, e no, eliminiamo subito qualsiasi dubbio: non ci saranno storie strappalacrime e non sarà un podcast del dolore ma piuttosto un viaggio nel tempo e nello spazio per conoscere la malattia che nel corso dei millenni ha colpito indistintamente poveri e ricchi, plebei e nobili, sconosciuti ma anche celebrità come la regina egizia Nefertiti e Papa Francesco, Tom Jones e Chopin, Moravia e Moliere. Ma visiteremo anche e soprattutto il mondo della tubercolosi per scoprire quelle innovazioni o addirittura rivoluzioni che questa ha causato nella medicina, nelle arti e perfino nella moda. In questo viaggio saremo accompagnati da ospiti d’eccezione, che ci spiegheranno come le nostre vite sono state influenzate grazie o per colpa della tubercolosi.


Busto della regina egizia Nefertiti
Nefertiti

Ma prima di partire con la nostra avventura, vediamo di preciso cosa è la tubercolosi.

Giorgio Besozzi, presidente di StopTB Italia: "La tubercolosi è una malattia infettiva che si trasmette attraverso le goccioline di aerosol da una persona infetta ad una sana, come quel Covid che purtroppo abbiamo conosciuto bene negli ultimi anni. Come il Covid, anche per la tbc la quantità di microbi che si respira deve essere abbastanza alta, altrimenti il contagio non c’è. A differenza del Covid, però, la tubercolosi non è data da un virus ma da un batterio (il cosiddetto bacillo di Koch) e quindi può essere curata con gli antibiotici e, soprattutto, per essere trasmessa da una persona all’altra, chi la trasmette deve essere effettivamente malato, non basta che abbia dentro di sé i batteri."

Nel corso della storia la tubercolosi ha avuto vari nomi: in italiano ad esempio è stata chiamata mal sottile, peste bianca o tisi (dal greco phthisis, cioè deperimento), proprio come gli anglosassoni che per secoli l'hanno chiamata emaciation o consumption.


Perciò la tubercolosi è una malattia infettiva ed è curabile. Ma è ancora molto diffusa? Marino Faccini, direttore Dipartimento di igiene e prevenzione sanitaria ATS Milano e professore

all’Università degli Studi, sempre a Milano: "La tubercolosi è molto diffusa in Africa e in Asia, in Europa meno ma ci sono zone come ad esempio l’Ucraina dove, per colpa della guerra, colpisce molte persone. In Italia per fortuna abbiamo meno casi di tbc che però sono molti più di quanto si pensi. Guardiamo ad esempio le statistiche delle malattie infettive dell’area di Milano (per fare qualche esempio di nome di malattie infettive si possono citare le varie epatiti virali, rosolia e morbillo, pertosse e tetano, ma anche rabbia, malaria e febbre tifoide). Bene, le malattie che ho appena citato, negli ultimi tre anni, tutte insieme hanno avuto meno casi di quanti ne abbia avuti la tubercolosi in un solo anno. Per fortuna che però la tubercolosi è curabile!"


Sappiamo che la tubercolosi compare centinaia di migliaia di anni fa perché, ad esempio, sono stati ritrovati segni di tubercolosi ossea sullo scheletro di un Homo erectus vissuto 500 mila anni fa e di un bisonte di 18 mila anni fa. Non è chiaro se la malattia nasca in questi animali (la famosa tubercolosi bovina presente ancora oggi, che viene combattuta con la pastorizzazione del latte) per poi passare agli esseri umani, o succeda il contrario. Fatto sta che resti umani antichi colpiti da tubercolosi sono stati scoperti in tutto il mondo.


Ritratto di Ippocrate
Ippocrate

Ci dice qualcosa in proposito l’archeologo Andrea Baudini: "Vicino a Haifa, in Israele, sono stati trovati segni di tubercolosi sulle ossa di una coppia (probabilmente madre e figlio) vissuta ben 9000 anni fa così come in 85 mummie egizie di Tebe di 6000 anni fa o, ancora, nei popoli Ari che occuparono l’India nel 1900 a.C. e nelle mummie precolombiane del Sud America. Ippocrate (leggendario medico dell'Antica Grecia) nel quarto secolo avanti Cristo dice che la tisi è la malattia più diffusa di tutti i tempi e ne descrive i sintomi come già aveva fatto un collega cinese vissuto quasi 2000 anni prima di lui.”


Quindi la malattia è presente ed è conosciuta, il problema è che non si sa da cosa sia provocata né si ha idea di come poterla curare efficacemente. Nel corso dei millenni sono nate le teorie più disparate, alcune corrette altre proprio no. Vediamo qualche esempio con Diego Rossi dell’università di Umeå, classicista e viceconsole onorario italiano in Svezia.

“Aristotele intuisce che possa essere una malattia infettiva, ma Ippocrate crede sia ereditaria. Antici Greci e Romani consigliano di vivere una vita riposata e tranquilla vicino al mare o tra boschi di pini (teoria che ha portato nell’Ottocento alla costruzione dei sanatori) ma, sempre a Roma, Galeno nel II secolo d.C. suggerisce anche una dieta ricca di latte con sale o miele, e fumenti con arsenico e pigne.”


E via così di ipotesi in ipotesi, di esperimento in esperimento, fino al Settecento quando le cose iniziano a cambiare con la nascita del cosiddetto “metodo scientifico” per cui, prima di poter dire che un esperimento è riuscito, bisogna mostrare i dati e provarne la ripetività. Ma in questo periodo si è avuta l’esplosione delle infezioni di tubercolosi, come ci racconta Massimo Galli, già primario di Infettivologia all’Ospedale Sacco e ordinario di Malattie Infettive all’Università degli Studi di Milano.

"Nel corso del Settecento in Europa la popolazione aumenta, inizia la rivoluzione industriale, nascono le fabbriche, la gente migra dalle campagne alle città. Operai e minatori sono malnutriti, hanno turni di lavoro interminabili, vivono in pessime condizioni igieniche in contesti sovraffollati. Si crea l’ambiente ideale per il diffondersi delle malattie infettive, in primo luogo la tubercolosi. Tanto per dare un’idea del problema, a inizio del Settecento a Londra ogni sette decessi, uno è per tbc; alla fine del secolo la malattia è responsabile di un morto ogni quattro: a questo punto la tubercolosi è diventata una malattia sociale."


Ai primi dell’Ottocento la situazione è quindi critica ma, per fortuna, la scienza è venuta in aiuto: nel giro di circa 100 anni si ha tutta una serie di scoperte e invenzioni che trasformano la tubercolosi da malattia da un certo punto di vista sconosciuta e soprattutto incurabile, a nota e curabile. Brevemente (i discorsi saranno poi approfonditi in altre puntate) ecco le conquiste.


Ritratto di Robert Koch
Robert Koch

René Laennec inventa lo stetoscopio per ascoltare i polmoni (il termine medico è “auscultare” ma poco cambia) e Wilhelm Röntgen inventa il radiografo, lo strumento per fare le radiografie, quindi per “vedere” i polmoni. Jean Antoine Villemin dimostra che la malattia è contagiosa. Hermann Brehmer scopre l’utilità di un certo tipo di vita e, per così dire, “inventa” i sanatori ma soprattutto Robert Koch il 24 marzo 1882 dimostra che la tubercolosi è causata dall’infezione di un batterio specifico, il cosiddetto Mycobacterium tuberculosis, conosciuto anche, in suo onore, proprio come “bacillo di Koch”. Inoltre Rudolph Virchow capisce che non basta che un batterio entri in un corpo sano per aver un malato, ma sono necessari anche altri fattori, come un sistema immunitario debole, malnutrizione, povertà, sporcizia e comportamenti individuali sbagliati.


L’ultima grande scoperta dell’Ottocento è la prima cura della tubercolosi, ed è stata pensata da un italiano, quel Carlo Forlanini a cui verrà poi intitolato il sanatorio di Roma al Gianicolo, e fratello dell’aviatore a cui è invece intitolato un aeroporto di Milano (bella famiglia!).

Disegno dell'apparecchio di Forlanini modificato (1897)
Apparecchio di Forlanini modificato

L’idea di Forlanini, chiamata “pneumotorace terapeutico” ce la descrive Gesualdo Bufalino nella sua opera più famosa, “Diceria dell’untore”: “Si tratta di un’iniezione d’aria sotto l’ascella (…) al fine di comprimere il polmone e consentire, frenandolo, che gli orli delle ferite si ricuciano da sé.” In più, in questo modo, i batteri hanno poco ossigeno a disposizione e smettono di riprodursi. La cosa straordinaria è che lo pneumotorace terapeutico rimane l’unica efficace cura della tubercolosi per decenni, fino alla scoperta degli antibiotici, che sono disponibili dagli anni ’40 del Novecento, mentre il vaccino, tuttora l’unico disponibile e che dà una protezione fin troppo limitata, è del 1921.

Tutto questo succede mentre gli Stati, autonomamente o insieme, sviluppano programmi per l’educazione sanitaria della popolazione, avendo bene in mente come obiettivo la scomparsa della tubercolosi.


In teoria, quindi, dovremmo essere a cavallo. Solo in teoria, però, perché, con la diminuzione dei casi e la quasi scomparsa delle morti nel cosiddetto Primo Mondo, l’attenzione della ricerca si è spostata su altre malattie e, soprattutto, una quarantina di anni fa è successo l’inaspettato: è comparsa sulla scena mondiale una malattia nuova, quindi sconosciuta, che azzerava le difese immunitarie dei malati, l’AIDS, e la tubercolosi, con la sua capacità di infettare attraverso le goccioline di aerosol, ne ha approfittato. E gli infettivologi, che non avevano grande dimestichezza con la tbc, che veniva normalmente seguita dai tisiologi, hanno avuto il problema di imparare a riconoscere da una parte una malattia nuova e, dall’altra, la tubercolosi che spesso era presente ma in maniera subdola. Ci racconta cos’è successo in quegli anni Gian Marco Vigevani, già primario del reparto di Infettivologia degli Ospedali Sant’Anna di Como e Sacco di Milano, che ha lavorato proprio al Sacco in quel periodo:

Quando abbiamo cominciato a vedere i casi di tubercolosi nell’AIDS, molto spesso non erano affatto tipici, cioè non avevano le caratteristiche classiche (anche se noi non le conoscevamo tanto bene…) di una tubercolosi, per cui non ci pensavi che potesse essere tubercolosi. Ed è stato proprio in questo periodo qui che, per esempio, nel nostro reparto allora tre infermiere hanno avuto la tubercolosi, perché non ci pensavi. Poi, man mano che abbiamo capito che la tubercolosi poteva avere un quadro classico ma poteva essere poco tipica, e quindi bisognava sempre pensarci se qualcuno aveva un qualche interessamento polmonare, ci siamo messi a fare l’esame degli espettorati su tutti e di casi ce ne sono stati tanti.

I casi di pazienti contemporaneamente colpiti dall’AIDS e anche infettati dal bacillo di Koch erano talmente numerosi che si è addirittura arrivati a una nuova definizione di AIDS.

Ancora Vigevani: “È stata una roba frequente, tant’è vero che ad un certo momento nella definizione di AIDS, che non è una definizione clinica ma una definizione fatta a fini epidemiologici, sono state introdotte un po’ di altre malattie rispetto agli indici precedenti, tra cui la tubercolosi.”


Da allora i nuovi casi di tbc hanno fortunatamente ricominciato a diminuire e i nuovi programmi internazionali hanno permesso di avere come obiettivo la scomparsa della malattia entro il 2030. Purtroppo difficilmente si riuscirà a vincere questa scommessa perché il lavoro è ancora tanto ma, per la prima volta nella storia, la scomparsa della tubercolosi non è più un sogno ma un traguardo realmente raggiungibile.

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