Oggi, più che vi una passeggiata vi propongo un’esperienza.
Un’incredibile “full immersion” nel passato dove tutto è falso e tutto è vero, una Disneyland del ‘900 che coniuga vera arte e cultura rinascimentali con le vita vera, le scoperte e la straordinaria artigianalità del secolo scorso.
Siamo in pieno “quadrilatero della moda”, verso il fondo di via Monte Napoleone, tra via Gesù e via Santo Spirito dove verso metà Ottocento risiedevano due fratelli, forse un po’ bizzarri ma straordinari, la cui storia val la pena di essere raccontata.
I due (entrambi avvocati e, come si dice, “nati bene”) erano figli di Pietro Bagatti, uno dei più accreditati miniaturisti europei del tempo, elevato al titolo di barone dall’autorità austriaca non per azioni militari o politiche, ma per le sue conoscenze e capacità artistiche. Il Bagatti, alla morte del padre, era stato adottato da Lattanzio Valsecchi, secondo generoso marito della madre anche lui proveniente da un’agiata famiglia milanese, che gli accordò il permesso di aggiungere il proprio cognome a quello primitivo – da cui Bagatti Valsecchi – oltreché il diritto di acquisire tutti i privilegi sociali da trasmettere ai figli. Due figli, come si dice “nati con la camicia”, che lui incanta con la passione per il passato e con il senso della ricerca dell’opera realizzata a “regola d’arte”.
Fu così che i due fratelli Fausto e Giuseppe Bagatti Valsecchi adottarono, come progetto di vita, quello di trasformare le residenze di famiglia di via Santo Spirito in un omaggio al Rinascimento italiano. Ma – e questo è l’aspetto più curioso – destinando l’incredibile ricostruzione a loro personale dimora, come dichiarato in una delle scritte incise sul frontone del palazzo principale:
“Concordia fratrum aedificavit domus”. Il primogenito Fausto rimase celibe, mentre il minore Giuseppe, nato nel 1845, sposò la giovane erede di un’altra illustre casata milanese, Carolina Angiolini Borromeo. All’interno del palazzo i due fratelli concordarono un modus vivendi a cui si attennero scrupolosamente: ognuno disponeva di spazi abitativi privati, mentre quelli di rappresentanza erano in condivisione. Gli eredi della famiglia vissero in questa incredibile magione fino agli anni ’70 del Novecento quando arredi e oggetti d’arte vennero destinati ad un’apposita Fondazione, mentre la Regione Lombardia acquistava l’edificio al n. 10 di via Gesù come sede di rappresentanza con l’impegno di aprire il piano nobile alle visite della cittadinanza. Visite tra l’altro guidate, tramite gli auricolari, anche da uno dei discendenti della famiglia che colora le descrizioni artistiche da succosi e divertenti aneddoti vissuti in prima persona o tramandati in casa.
Ed eccoci quindi in visita a questa casa museo che coniuga l’armonia tra passato e presente, e dove i capolavori rinascimentali acquistati dai fratelli vengono amalgamati e reinterpretati da espertissimi artigiani secondo i canoni estetici del ‘500, in un insieme abitativo ricostruito nel pieno rispetto delle strutture originali. Una specie di follia. Ma una follia impattante e di grande coinvolgimento. Il nostro percorso inizia dalla residenza principale che prevede l’ingresso da via del Gesù. L’edificio, in pietra grigia e piuttosto austero, è in puro stile cinquecentesco con una scala d’accesso al piano nobile abbastanza sobria, dritta e scoscesa, e che immette in un inquietante e ricco corridoio stracolmo di armature, corazze, alabarde e lance che intendeva rievocare la sala d’arme di un antico maniero.
Da questo ingresso comune si accede all’appartamento di Fausto che, dopo un piccolo vestibolo il cui soffitto si ispira a quello della “Grotta” di Isabella d’Este nel Palazzo Ducale di Mantova, prevede la “Sala dell’Affresco” dove le opere di carattere religioso disseminate lungo le pareti, compresa una Madonna della Misericordia del ‘400, fecero sì che questo ambiente venisse talvolta utilizzato dalla famiglia come cappella privata in occasione di importanti cerimonie quali matrimoni e battesimi.
Dall’atmosfera piuttosto rigorosa di questo ambiente, si passa al “calore” fisico e spirituale del salotto privato, dominato da un incredibile camino tutto circondato da angeli musicanti (vedi copertina podcast) ad evocare la stanza della musica di antiche dimore. I numerosi sedili di diverse fogge disseminati nella stanza ricordano la sua primaria destinazione d’uso quale luogo di incontro e conversazione.
Attraversando la biblioteca tappezzata di armadi intarsiati e libri, si raggiunge l’imponente e ricchissima camera da letto, dove troneggia un polittico di Madonna con Santi del Sampietrino, un allievo milanese di Leonardo da Vinci, proveniente da Palazzo Visconti Venosta a Grosio in Valtellina. Accanto al letto, un seggio vescovile reperito a Sesto Calende, mentre sul comodino una sveglia a forma di teschio interpreta in maniera pratica ed efficace il moto di Virgilio “homo sine pecunia est imago mortis” (l’uomo senza soldi è l’immagine della morte) e qui siamo a Milano: al mattino bisogna svegliarsi per andare a lavorare!
L’ambiente che segue, e che è comune ad entrambe le famiglie, è la stanza da bagno che interpreta all’ennesima potenza la filosofia di casa Bagatti Valsecchi: amore sì per l’arte del Rinascimento, ma anche ricerca di tutte le comodità moderne, magari abbellite e camuffate, ma efficientissime. La funzione del luogo è annunciata dall’iscrizione latina in lettere dorate “Limpida fluit” (scorre limpida) che campeggia sulla specchiatura in marmo della vasca in stile neorinascimentale. Ma attenzione, perché a dispetto dell’apparenza antica, questo sontuoso sanitario era ed è tuttora alimentato ad acqua corrente calda e fredda, un impianto d’assoluta avanguardia ai tempi della sua installazione. Per non parlare del rosone in bronzo del sottarco che altro non è che la bocchetta di una doccia, forse la prima doccia domestica di Milano. Il soffitto della stanza è decorato da gigli dorati realizzati in papier mâché da un artigiano attivo nell’àmbito della scenografia teatrale. E si vede. Insomma un vero capolavoro di architetti, artisti, ingegneri, artigiani ma soprattutto idraulici dell’epoca.
Ma lasciamo la sala da bagno e, attraversando l’ampia “Galleria della Cupola” caratterizzata da una fantasiosa raccolta di ceramiche antiche, entriamo nell’appartamento del fratello minore Giuseppe. Qui nella Sala della Stufa Valtellinese utilizzata come salotto di famiglia, i motivi araldici dei Bagatti Valsecchi si intrecciano agli anelli dello stemma dei Borromeo, il prestigioso casato a cui apparteneva la moglie di Giuseppe, Carolina, celebrata da tutti quale “regina” della casa. A seguire la Camera Rossa della coppia, dove accanto al lettone siciliano in ferro battuto, sono conservate le culle dei figli e i loro bellissimi giocattoli in legno. L’erede narrante dell’auricolare racconta che negli anni ’60, di fronte al letto, era stato piazzato uno dei primi televisori in circolazione, per la delizia dei bambini che riunivano i loro amichetti a vedere il Mago Zurlì.
Accanto alla camera da letto familiare, Giuseppe usufruiva però anche di una stanza privata, detta Camera Verde, con tanto di letto a baldacchino e soffitto in boiserie cinquecentesca. Il gran finale è riservato al Salone, l’area comune più vasta, fulcro di tutto il Palazzo e destinato a funzioni di incontro e di rappresentanza. Qui, l’immancabile sontuoso camino è circondato da pareti rivestite da una ricchissima ed elaborata tappezzeria di velluto in rilievo a fondo oro. E qui, alla luce di un grande lampadario centrale ispirato alle antiche torciere, i padroni di casa ricevevano gli amici e tenevano un importante salotto frequentato da artisti di ogni genere. Insomma, un omaggio all’arte su tutti i fronti.
Ma non è finita. Scesi nell’atrio il consiglio è quello di attraversare i due cortili interni ammirando lo splendido acciotolato (oggi in parte occupato dai déhors di un ristorante molto esclusivo) e i ricchissimi arredi di statue, portici e bassorilievi di ogni genere, per passare proprio di fronte in via Santo Spirito, dove i fratelli si erano allargati acquistato una specie di dépendance denominata “Sito dei Bagatti Valsecchi”, un edificio rosso mattone in puro stile Quattrocento lombardo. Oggi ci abitano gli eredi della famiglia, con altri locali occupati da case di moda e operatori del lusso. Questa dimora era riservata agli ospiti ai quali non si voleva certo far mancare la prestigiosa atmosfera del palazzo di famiglia. Il piccolo cortile con pozzo centrale è ovviamente privato ma si può sbirciare dalla bella cancellata in ferro. Anche qui lo spirito rinascimentale abbinato alla manualità e all’arte degli artigiani la fa da padrone. Sui muri i graffiti che riproducono scorci della Milano che fu, mentre una scala a loggiato conduce ai piani superiori. Sui lati altri due piccoli cortili ospitano statue, reperti e bassorilievi, mentre nell’atrio si confrontano una dolcissima Madonna (probabilmente un’edicola riportata) con divertenti biciclette del tempo antico. Giochi di rimando tutti da godere. Per finire con un pettegolezzo, risulta che qui abitasse Mina ai tempi del suo soggiorno milanese, soggiorno pare non molto gradito dagli altri inquilini perché l’allora tigre di Cremona tirava mattina giocando a carte e schiamazzando con i suoi amici.
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