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Immagine del redattoreAlberto Pandiani

Intervallo

Il divano chiama ha preso il via ufficialmente il 13 novembre 2019 (preceduto dal pilot una settimana prima).

In questi giorni ho ripreso in mano tutti i testi e mi sono messa a contare le serie inserite in questo podcast…e mi sono stupita!

Quelle descritte infatti sono ben 218, mentre quelle accennate o citate 150!

Quindi per questa centesima puntata, mi prendo una piccola pausa e cedo il microfono ad Alberto che occupa il divano con me da 2006, con cui condivido le visioni serale, ma che ha gusti diversi dai miei…sono certa che riconoscerete la sua voce!


Quando Laura mi ha invitato a occupare la 100ma puntata, il primo pensiero è stato “Ma di cosa parlo?” e l’idea iniziale (subito scartata) è stata quella di rievocare qualche chicca (telefilm o cartone animato) degli anni ’80. Ma già nella scorsa puntata c’è stato l’amarcord della Signora in giallo e poi devo, tristemente, ammettere che la maggior parte dei prodotti dell’epoca non è invecchiato proprio bene, quindi ho dirottato i pensieri su qualcosa di più recente (ma non troppo) che è stato realizzato proprio in 100 episodi, che Laura ha solo accennato in una puntata anni fa e che mai nella sua vita vedrà.

Cos’è?

Lo dico dopo: adesso faccio un passo indietro.

Nei primi anni 2000 J.J. Abrams è acclamato come il nuovo enfant prodige della TV per via del successo planetario di Lost e sta lavorando sul reboot di Star Trek con Roberto Orci e Alex Kurtzman.

Però Abrams si è anche impegnato con la Warner Bros. per una serie TV e i tre hanno iniziato prima a parlarne e poi l’hanno anche realizzata, ognuno mettendo dentro tanti elementi e tante fonti di ispirazione da farci, nella migliore delle ipotesi, un gran minestrone.

Ad esempio lo stesso Abrams omaggia, per non dire copia, il film Stati di alterazione, quelli di David Cronenberg e i libri di Michael Crichton, ma anche le serie Ai confini della realtà e X-Files, mentre Orci spinge per un’impostazione più poliziesca e investigativa alla Law & Order ma pensa anche a Lost. Insomma, all’inizio ci sono tante idee e anche parecchio confuse!

Contro ogni aspettativa, però, i tre riescono nell’intento di realizzare una serie TV che, a seconda dei momenti, può essere definita thriller, poliziesco, commedia, horror o fantascienza, ma anche romantica, psicologica o grottesca, e questa serie è Fringe, che debutta nel 2008 e si chiude dopo 5 stagioni e, come detto, 100 episodi nel 2013 sulla Fox, la stessa che una dozzina di anni prima aveva trasmesso proprio The X-Files (noi in Italia la potremo vedere con un anno di ritardo).

Ma di cosa parla Fringe? Citando la sceneggiatura, stanno accadendo cose inesplicabili e paurose, ed in qualche modo c’è una connessione tra di esse” e le varie divisioni investigative per la sicurezza degli Stati Uniti cercano di venirne a capo. Dopo un prologo a dir poco burrascoso, a capo delle indagini viene messa l’agente dell’FBI Olivia Dunham, determinata e coi piedi per terra che, quando era nei Marines non si è fatta scrupoli nell’arrestare un militare con 30 anni di onorata carriera alle spalle, per molestie sessuali ai danni di tre soldate.

Nel corso del pilot Dunham intuisce che dietro a quello che sta succedendo ci sono le ricerche di Walter Bishop, un geniale scienziato pazzo. “Pazzo” nel senso che è stato letteralmente dichiarato “malato mentale” e che è sicuramente innocente, dato che ha passato gli ultimi 17 anni rinchiuso in una clinica psichiatrica senza la possibilità di avere contatti con l’esterno. La nostra eroina coinvolge allora il figlio di Bishop, Peter, anche lui genio ma irrequieto, tanto da averi debiti in sospeso in mezzo mondo con personaggi non proprio raccomandabili. Al termine del primo episodio si forma perciò un trio con una personalità solida e razionale, una geniale ma totalmente fuori controllo e una che funge da collegamento tra le altre due (la battuta di Dunham a Peter è “Sei l’unico che riesce a capirlo”).

A proposito di pilot, questo dura un’ora e mezza, è costato la bellezza di 10 milioni di dollari e mette subito in bella mostra quanto folle vuole essere la serie. La prima scena, splatter, sembra il finale dei Predatori dell’arca perduta, con il passeggero di un aereo di linea a cui si scioglie la faccia come ai nazisti all’apertura dell’arca dell’alleanza. Poi, uno dopo l’altro, si sciolgono come neve al sole anche gli altri passeggeri, steward e piloti. Nella scena successiva Olivia è romanticamente in compagnia del fidanzato. Poi tutti all’aeroporto per presentare la squadra che condurrà le indagini e qui viene anche a galla la ruggine tra la stessa e il suo superiore. Poi un inseguimento con esplosione e altre mutazioni geniche. Entrano in scena i Bishop e si scopre che gli studi di Walter erano sulla “scienza di confine” (in inglese “fringe science”, appunto), che la sceneggiatura liquida come “pseudoscienza”, con gli esempi di controllo della mente, teletrasporto, esperienze extra corporee, invisibilità e altre. Semplificando, tutti quegli ambiti che non sono categoricamente esclusi dalla scienza ufficiale perché teoricamente possibili, ma che non sono mai stati dimostrati scientificamente.

Ci sono, poi, i segreti del Governo e c’è anche la multinazionale con ancora più segreti. Ah, diversi episodi di Fringe sono ambientati in un universo parallelo, ben prima che i multiversi Marvel e DC Comics facessero capolino nelle sale cinematografiche o in TV.

Riassumendo, Fringe è una serie baraccone con una forte storia orizzontale che si conclude al 100mo episodio, che mescola diversi generi sulla carta incompatibili tra loro ma che nella realtà riescono a compensarsi a vicenda, permettendo cambi di ritmo e di tono, strappando di tanto in tanto anche qualche sorriso.

Tutte le stagioni sono disponibili su Amazon Prime Video.



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